venerdì 2 marzo 2012
​Berlusconi lancia a Bruxelles la Grosse Koalition e anche Casini apre. Il Pd all’angolo, Bersani non ci sta: è una cosa che non esiste in natura.
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​L'aria del Ppe convince Berlusconi a dire ciò che sino a ieri sembrava indicibile: «Sì, nella prossima legislatura Pdl, Pd e Terzo polo potrebbero governare insieme... Vediamo, noi siamo responsabili, lo abbiamo dimostrato». Un vero e proprio governo politico di Grosse Koalition, dunque, «perché la democrazia si sostiene e si concretizza nei partiti». È un fulmine a ciel sereno che da Bruxelles - dove l’ex premier si trova riunito con il gotha del popolarismo europeo - si abbatte sulla foresta della politica italiana.Il Cavaliere si concede volentieri ai microfoni dei cronisti. Che incalzano, e pretendono l’investitura ufficiale del professore per il post-2013. Ma Berlusconi, dopo aver aperto volutamente la finestra, la accosta per non agitare quell’ampia fetta di partito che vede come il fumo negli occhi un congelamento della competizione bipolare: «Un nuovo mandato? Dipende da ciò che avverrà, dalla possibilità di trovare un accordo sulle riforme con la sinistra e l’opposizione. Noi abbiamo fatto un passo indietro perché riteniamo che l’Italia abbia bisogno di una riforma dell’architettura istituzionale senza la quale il Paese non è governabile». La condizione, dunque, è che il premier metta mano alla Carta. D’altra parte già di buon mattino Umberto Bossi aveva dettato il tema della giornata: «Monti resta, ha due buoni amici, Berlusconi e Napolitano».A Bruxelles, invece, a due passi dal Cavaliere, c’è Pier Ferdinando Casini, altro azionista italiano del Ppe. «Ci siamo solo salutati...», assicura il leader Udc. Lui, che l’ha profetizzata per primo, non ha certo bisogno che sia Berlusconi a spingerlo in una nuova avventura al fianco di Monti: «Oggi il premier va lasciato in pace, è senatore a vita e non può neanche candidarsi. Ma se me lo chiedete, come faccio a dire di no ad un nuovo mandato? Di certo oggi a sostenerlo è già una maggioranza politica, per quanto Bersani e Alfano se ne vergognino...». Anche Casini, però, pone delle "condizioni" per il futuro. Rivolte ai partiti, non al governo: «Io e Berlusconi non staremo più in un partito insieme, a meno che non ammetta di aver sbagliato... E io non ho l’ambizione di fare il leader del centrodestra. Anzi, sarebbe auspicabile che Alfano avesse una leadership reale nel Pdl». Dunque nessuna "fusione" con gli azzurri. Allo stesso tempo, i "progetti" di Casini hanno come presupposto un Pd spogliato di Sel e Idv: «Il Paese ha bisogno di un Partito democratico autonomo dall’alleanza di Vasto. Se il Pd è quello, io c’entro come i cavoli a merenda...».Detta la loro, Berlusconi e Casini si mettono alla finestra e attendono la reazione di Bersani, che arriva solo dopo qualche ora. Ed è una reazione netta: «Un partito unico non esiste, è una cosa contro natura. Io ho un’altra idea di democrazia, credo in una dialettica normale tra avversari, non vorrei che a furia di ricette originali ci proiettassimo con difficoltà nel futuro». E sulla possibilità che Berlusconi spinga Monti verso il bis al fine di "prenotare" il Quirinale per sé, replica ironico: «Sognare non è vietato a nessuno...». I big del partito sono con il segretario, anche i moderati che non hanno mai negato simpatie per Monti restano coperti. D’altra parte ogni leader ha la sua croce. Berlusconi i recalcitranti al Monti-bis. E Casini i futuristi che non vogliono il partito unico di centro.
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