venerdì 14 maggio 2010
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La lista «di proscrizione», come la chiama Fabrizio Cicchitto, sembra un «gioco al massacro». Il capogruppo del Pdl è preoccupatissimo. Di prima mattina sfoga i timori con i suoi: «Siamo in una situazione per un verso paradossale per un altro verso gravissima: prima vengono offerti in pasto elenchi di nomi poi, chissà quando, verranno fatte le indagini. Nel frattempo ogni nome è offerto al massacro mediatico, indipendentemente dalle ragioni per cui esso si trova nel computer di Anemone». La preoccupazione nel Pdl è forte, la voce di ministri negli elenchi mostra un governo in pericolo. Il Consiglio dei ministri senza il premier si chiude in un clima preoccupato. E fuori il segretario del Pd Pierluigi Bersani è già pronto a trarre le conseguenze, chiedendo le dimissioni di Bertolaso che, a tarda sera, si confronta per quaranta minuti con Berlusconi rimettendo in moto le voci di un suo addio.È Umberto Bossi a uscire a testa alta, la battuta pronta, a minimizzare le conseguenze possibili. L’esecutivo a rischio? «Se portano via tutti i ministri sì... Ma fin quando ci siamo io, la Lega e Tremonti, il governo non rischia, non lo buttano giù», dice tra il serio e il faceto. Piuttosto il leader della Lega dice quello che Berlusconi stavolta non ha detto. L’inchiesta, spiega, «mi sembra un po’ strana, un po’ preparata, ho questa impressione... Spero di no, spero di no». C’è chi parla di nuova Tangentopoli: «Non lo so, spero di no, la situazione è brutta. Meglio prendersi un appartamento in affitto con qualche bella donna...», taglia corto.Ma nelle opposizioni non c’è voglia di ridimensionare. Il caso è grosso e il leader del Pd è pronto a capitalizzare, anche se ci fosse qualcuno dei suoi negli elenchi di Anemone. «Io chiesi a Bertolaso già a suo tempo di fare un passo indietro in nome del buon nome della protezione civile». L’inchiesta scotta troppo, per il leader Pd, che alla Protezione civile ci tiene, dice: «Mi sembra giusto richiedere le sue dimissioni». Quanto al governo, incalza, «lasci fare alla magistratura il suo compito e dica che cosa pensa del meccanismo, perché su questo il Pd andrà a fondo. Altro che cautela», tira dritto il leader democratico Pierluigi Bersani. Per il segretario del Pd la cosa «non è una somma di casi», ma qualcosa di più profondo.Quello che Antonio Di Pietro si ostina a definire una Tangentopoli tutt’altro che nuova «perché i nomi sono gli stessi». E qui Pd e Idv parlano la stessa lingua, con Bersani che avvisa l’alleato di essere pronto anche ad andare a votare, se la bomba dovesse esplodere. Quanto alle liste, però, il segretario del Psi Riccardo Nencini ha forti dubbi: «Sono più sospette le liste date in pasto ai giornali che le centinaia di nomi elencati. L’opposizione dovrebbe fare grande attenzione a non farsi incantare dal solito circo mediatico giudiziario».
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