domenica 15 gennaio 2023
Il candidato segretario: si consenta passo avanti al nuovo gruppo dirigente. Mi batterò per far tassare dove operano i giganti del web e della finanza. Serve Pd da combattimento o diventa irrilevante
Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna

Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna - Ansa

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Stefano Bonaccini, in politica conta vincere alla fine: se eletto, pensa che il Pd possa farlo già alle Europee 2024 o il suo è un progetto più di lungo termine?

Vincere non deve essere il fine, ma il mezzo per cambiare la società e renderla più equa, solidale - risponde il governatore dell’Emilia-Romagna e candidato alla segreteria del Pd -. Noi dobbiamo batterci per ridurre le disuguaglianze e le distanze sociali e territoriali. Questa è la missione della sinistra e il Pd deve tornare ad essere un baluardo del diritto al lavoro buono, di quello alla salute e all’istruzione, della lotta al cambiamento climatico, tenendo insieme lavoro e ambiente. La sfida delle Europee sarà senz’altro decisiva, però, perché ci contrapporremo al sovranismo urlato, ma inconcludente della destra che rischia solo di isolare l’Italia.

Il Pd ha archiviato la querelle sul voto on-line fra richiami all’andare avanti «perché siamo una comunità». Eppure la sua storia è ricca di conflitti e scarsi appoggi al leader di turno. È quel che teme anche lei?

Sa cosa mi dicono tutti i militanti e iscritti che incontro in Italia? «Smettetela di litigare, non ne possiamo più». Hanno ragione, sono stufo anche io. Io voglio discutere dei problemi degli italiani. E chiedo a tutti di dare una mano: lo chiederò anzitutto a Elly, Paola e Gianni. Se prevarrà uno di loro, farò altrettanto.

Il suo Pd partirà dall’ascolto della base del partito. In cosa sarà diverso dai tentativi fatti da Zingaretti e da Letta con le Agorà?

Servono alcune innovazioni e una strategia di movimento. Faccio due esempi: proporrò che una volta all’anno si svolga una convenzione programmatica aperta alla società, ma dove alla fine saranno iscritti e militanti a decidere e ad aggiornare la proposta del Pd. Perché la partecipazione funziona se le persone decidono. La seconda: se sarò segretario, un minuto dopo partirà la battaglia in Parlamento e nella società per sostenere i redditi da lavoro rispetto al progetto sbagliato della Flat tax. In particolare, lancerò una grande raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare che introduca il salario minimo legale. È vergognoso e inaccettabile che tante persone siano costrette a lavorare per 3 o 4 euro all’ora. Infine: ho proposto di cambiare integralmente il gruppo dirigente, dando protagonismo agli amministratori locali. Voglio un Pd costretto ad ascoltare e a rispondere quotidianamente alle persone, come fanno i sindaci.

Il Pd spesso ha puntato sulla demonizzazione dell’avversario. Continuerà a farlo?

Direi che è un problema di tutta la politica italiana, più che del Pd. E credo che questo sia un malcostume che allontana i cittadini. Se eletto, a Giorgia Meloni chiederò un incontro per assicurarle che la nostra opposizione sarà ferma, ma mai pregiudiziale.

Quali sono le tre mosse che ritiene più urgenti?

In campo economico, proporrò una iniziativa fiscale, con chi vuole starci in Europa, per chiedere ai giganti della Rete e della finanza di pagare le imposte dove operano e fanno affari: è inaccettabile che una piccola impresa o un lavoratore paghi molte più imposte di chi accumula quote straordinarie e crescenti di ricchezza. Con quelle risorse proporremo di sostenere i redditi dei lavoratori e di sgravare le imprese che assumono a tempo indeterminato. In campo sociale proporremo di passare ai congedi paritari: i figli si fanno in due ed è diritto e dovere di entrambi i genitori prendersene cura.

In campo istituzionale?

Proporremo di cambiare la legge elettorale: per riavvicinare le persone alla politica è necessario che siano gli elettori a poter scegliere i propri rappresentanti. Se questo non succederà, dalla prossima volta il Pd sceglierà i propri parlamentari con le primarie: basta candidati catapultati da Roma.

E la strategia per le alleanze?

Cambierà, a prescindere dalla legge elettorale: se sarò segretario si tornerà alla vocazione maggioritaria, non ho alcuna intenzione di regalare i voti della sinistra ai 5 Stelle, né quelli dei moderati al Terzo polo. Non significa autosufficienza: noi le alleanze le faremo sui programmi, con chi ci sta, ma senza subalternità e da una posizione di forza.

Intanto, con M5s si va divisi a livello nazionale e in qualche caso insieme localmente. Questa doppia linea è valida e pensa che gli elettori la comprendano?

Non mischiamo piani diversi. In tutti gli schieramenti accade spesso che a livello locale possano prodursi alleanze diverse dallo scenario nazionale: le alleanze serie si fanno sui programmi, non a tavolino e magari calate dall’alto. Intanto mi accontenterei di fare un’opposizione più efficace. Se per ogni attacco e critica che M5s e Terzo polo rivolgono al Pd ne rivolgessero una al governo sarebbe già un passo avanti. E gli elettori comprenderebbero meglio.

Nel suo Pd quale ruolo vede per la “vecchia guardia” del partito, che pesa ancora così tanto?

Credo sia normale che dopo tante sconfitte si possa fare un passo di lato, per consentirne uno avanti ad un nuovo gruppo dirigente. Non c’è alcun fatto personale, ma io cambierò la squadra da cima a fondo.

Ha nel mondo un modello di sinistra a cui si ispira?

La sinistra non nasce per amministrare l’esistente, ma per costruire una società più giusta e un mondo migliore. E abbiamo un patrimonio di valori dal quale attingere. Faccio alcuni nomi: Berlinguer, Zaccagnini, Iotti, Anselmi. Ma vengo da una terra e da una tradizione di buon governo che mi hanno insegnato che principi e idealità devono tradursi in fatti concreti ogni giorno, altrimenti restano astrazioni. Per questo guardo più a quanto di buono si fa nei territori e sto girando 100 città nel Paese. Io non temo l’estinzione del Pd, ma che possa accadere quello che è avvenuto in altri Paesi europei, cioè che la sinistra riformista diventi irrilevante e subalterna a movimenti populisti da un lato o moderati dall’altro. Guiderò un Pd da combattimento, ma sempre al servizio del bene comune.

Il Pd è un partito pluralista. Tuttavia, quando si toccano temi eticamente sensibili, sembra voler adottare una sorta di pensiero unico che crea disagi nel mondo cattolico, tema sollevato anche da Pierluigi Castagnetti. Come garantirà la convivenza di tutte le componenti?

Riconoscendo e valorizzando il pluralismo e i valori per i quali è nato il Pd. Il Pd deve cambiare metodo: dobbiamo riscoprire la capacità di fare sintesi fra idee anche diverse. Il contrario del pluralismo e della sintesi non è l’avanzamento dei diritti, ma la chiusura retriva che spesso si trova nella destra. Disposta a concedere tutto al mercato, compresi i diritti e la dignità delle persone, salvo poi teorizzare che politica e Stato possano ingerire nelle sfere più intime e private dei singoli o delle famiglie.

Ritorno del finanziamento pubblico e delle Province sono delle priorità?

Priorità non direi, nel momento in cui le famiglie non reggono il peso dell’inflazione e sono alle prese con lunghe liste d’attesa. Ma sono temi che attengono comunque alla qualità della democrazia. Il finanziamento pubblico ai partiti fu abolito perché i partiti ne avevano fatto un cattivo uso. Ma il problema di come si finanzia in modo trasparente la politica esiste e merita una riflessione matura. Dentro una cornice altrettanto necessaria: una legge sui partiti che attui con rigore il dettato costituzionale, nel momento in cui rischiano di trasformarsi in associazioni a servizio di un leader, anziché di partecipazione democratica dei cittadini. Quanto alle province, il referendum per abolirle non passò nel 2016 e quel voto va rispettato. E se è così, bisogna finanziare adeguatamente le funzioni limitate, ma importanti che gestiscono. Sulle riforme istituzionali, però, la cosa meno utile di tutte è scassare la funzione di garanzia che svolge la presidenza della Repubblica. Per rafforzare stabilità e governabilità, si agisca semmai sul governo, sulla legge elettorale, ecc.

Il governo Meloni arriverà a fine legislatura?

Ricordo che la maggioranza degli italiani non ha votato questa destra, ma dei partiti che hanno perso perché erano divisi, oltre ai troppi astenuti. La sua vittoria è stata però piena e incontestabile, ha il diritto e il dovere di governare, se ne è capace. Noi non faremo sconti, perché questa è una destra che sta facendo la vera destra e temo che aumenterà le disuguaglianze sociali e territoriali. Per questo il nostro compito è tornare davvero a fare il Pd, per batterli nelle urne. ©

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