venerdì 20 maggio 2011
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Il braccio di ferro per ricostruire «con modalità diverse» (come aveva precisato Bersani) il nuovo Ulivo passa attraverso i numeri delle amministrative. Massimo D’Alema insiste che le «ha vinte il Pd, non la sinistra radicale o qualcun altro». E il segretario democratico gli fa eco, cifre alla mano. Al Nord, spiega, è il Pd a trainare. «Idv e Sel, senza il Partito democratico, sono in calo». E ancora una volta in pochi giorni, a confermare il ragionamento è insolitamente Walter Veltroni, per il quale «questo voto apre al riformismo italiano uno spazio immenso e al Pd uno spazio immenso. Il Pd esce confermato nella sua forza».Insomma, i democratici – che pure hanno abituato gli elettori in questi anni a divergenze anche fratricide – parlano la stessa lingua. Almeno fino ai ballottaggi. Di fatto, però, Pier Luigi Bersani, in giro per l’Italia, continua a rivendicare il merito di un risultato favorevole in termini di numeri e di immagine, per affrancarsi da quell’eterno duello tra D’Alema e Veltroni, che ha portato nelle tornate precedenti a un ridimensionamento del partito.Dunque, i leader di largo del Nazareno studiano le mosse, in attesa di un secondo turno che appare quanto mai decisivo, sebbene il ventaglio di ipotesi che ne deriva sia piuttosto ampio. Perché, spiegano, molto dipende da come andranno a finire le sfide finali. E a queste si legherà una battaglia referendaria, su cui punta Bersani, per cavalcare un antiberlusconismo che potrebbe segnare il definitivo tramonto di un’era.Tutto questo, però, è solo nei pensieri del leader piddì, ben consapevole che non ha senso proiettarsi in un futuro, con un oggi quanto mai incerto. I rifiuti ricevuti dal terzo polo lasciano ancora nella nebbia l’ipotesi principale avanzata da Bersani, e avallata con forza da D’Alema, di una fase costituente con tutte le forze oggi all’opposizione. Resta in piedi, quindi, la subordinata, che prevede l’unione delle opposizioni di sinistra, con l’accortezza di evitare una riedizione dell’Unione. Bersani non si arrende sulla "principale", ma ieri è stato lo stesso Veltroni a prendere in considerazione l’ipotesi dell’alleanza a sinistra, scartata a suo tempo dal primo segretario pd alle scorse elezioni politiche.Oggi, spiega Veltroni, «i primi con cui allearsi sono quelli con cui si è fatta opposizione in questi anni. Ma immaginiamo un’alleanza con Sel e Idv. Se fosse così, tanto più il Pd dovrebbe accentuare il suo profilo riformista, coprire un’area elettorale più larga e costruire con questa forza una maggioranza che, non è la riedizione dell’Unione, ma un’alternativa riformista».Per arrivare all’appuntamento con lo scettro in mano, il Pd fa quadrato sul rapporto di forza che lo vedrebbe diversi gradini sopra agli alleati. Ma sia Di Pietro che Vendola passano all’incasso, e se il leader idv rivendica la vittoria del candidato a Napoli, il numero uno di Sel rispolvera quelle primarie che hanno accreditato Pisapia a Milano. E per Bersani, pronto a correre per la premiership, l’allarme inizia a suonare.
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