venerdì 12 dicembre 2014
​ Altri 2 arresti. Giro di favori fra la Calabria e la capitale.
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«A quest’operazione, ne seguiranno altre a breve...». Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone rompe per un attimo l’usuale riservatezza, lasciando capire chiaramente ai parlamentari della Commissione antimafia, presieduta da Rosy Bindi, che il filone criminale portato alla luce con l’inchiesta «Mondo di mezzo» non si esaurirà presto. Giunto a Palazzo San Macuto alle 14 col procuratore aggiunto Michele Prestipino (entrambi protetti da un corteo di auto blindate), Pignatone parla con la consueta pacatezza, ma le sue parole pesano come pietre: «La mafia non è l’unico problema di Roma e non è detto sia il principale. Non siamo come a Palermo, Napoli o Reggio Calabria. Roma è troppo grande per essere controllata da un’unica organizzazione». Due arresti. Non c’è una sola cupola ma ci sono accordi fra gruppi criminali, spiegano i due magi-strati, come quelli ipotizzati negli atti dell’inchiesta fra la «mafia capitale» guidata e una cosca di ’ndrangheta. Ieri i Carabinieri hanno tratto in arresto Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, accusati di associazione mafiosa. Residenti da tempo nella capitale, hanno precedenti penali di peso e sarebbero, secondo gli inquirenti, collegati alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Una terza persona, indagata a piede libero, è stata perquisita. Gli arrestati salgono così a 39, oltre a un centinaio di indagati. Fin dal 2008, riassume Prestipino, «c’è stato un reciproco scambio. Pezzi di mafia romana e di ’ndrangheta si sono vicendevolmente riconosciuti e rispettati». Nel 2009, ricostruiscono i magistrati, Carminati avrebbe fatto «accreditare» i due, dipendenti della cooperativa 29 Giugno, «presso i Mancuso», altra cosca di spicco, originaria di Limbadi (ViboValentia): «Sono andato dai Mancuso per Buzzi», dice Rotolo in un dialogo intercettato. Lo scopo sarebbe quello di ricollocare alcuni immigrati in esubero nel Cpt di Crotone presso «il centro Cara nel villaggio turistico Alenia di Cropani Marina in provincia di Catanzaro». Il 'favore', aggiunge Prestipino, «viene restituito nel 2013, quando sono i Mancuso a mandare un uomo a Roma». Secondo la procura, si tratta di Giovanni Campennì, ritenuto «imprenditore di riferimento» dei Mancuso, al quale a partire dal luglio 2014 Buzzi affida la gestione di un appalto per la pulizia del mercato Esquilino attraverso la creazione di una apposita onlus, la «Cooperativa Santo Stefano». La vicenda emerge dalle intercettazioni del Ros: «Noi cogliamo in diretta la questione del 2013, loro raccontano anche il pregresso», ricorda Prestipino. In una delle conversazioni con alcuni dei 5 amministratori della nuova società (fra i quali, annota il Ros, Campennì, Rotolo e Ruggiero) rivolgendosi al presidente designato Guido Colantuono, Buzzi non usa mezzi termini: «Colantuo’... dato che tu sarai il presidente de’ questa cooperativa de ’ndranghetisti...». Però si rende conto di averla detta grossa e si corregge: «Poi ’na’a chiamamo più così perché...». Un castello di affari e intrallazzi crollato dopo l’inchiesta. Dopo la Regione, ieri anche il Comune di Roma ha sospeso una gara per 25 milioni riguardante l’Ater perché, ha chiarito Pignatone, «si profilava un’affidamento alle società di Buzzi». 
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