giovedì 12 settembre 2013
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Una cosa so: «domani la Provvidenza sorgerà prima del sole». Parole che da sempre mi fanno compagnia. Martedì, insieme a due medici per l’ambiente, impegnati in prima fila contro il disastro ambientale che si sta consumando in Campania, entro per la prima volta a Palazzo Madama. I miei amici saranno auditi dalla commissione "Salute" del Senato; a me viene concesso di essere presente come uditore. Rivezzi e Marfella, presidente e vice presidente dell’Isde regionale offrono, gratuitamente, ai senatori il loro sapere frutto di studi e impegno in prima linea sul nostro territorio martoriato. Nel pomeriggio, in taxi, facciamo ritorno alla stazione. «Di qua non si può passare, ci sono le transenne, c’è il Papa dai Gesuiti…» farfuglia a se stesso l’autista. Tanto basta per ritrovarci a piedi e correre verso il Papa. Il Papa: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Uomo tra gli uomini che rende presente l’Uomo per eccellenza: Cristo Gesù, Colui di cui tutti, anche senza saperlo, sono alla ricerca. Cristo: desiderio e nostalgia. Rimpianto e speranza. Bellezza e Verità. «Questo Papa mi ha convertito…», mi disse il pentito della camorra, Carmine Schiavone nell’incontro di pochi giorni fa. Fosse stato per lui sarebbe rimasto a parlare del Papa e di Dio per ore e ore. Mistero del cuore umano sempre in bilico tra il bene e il male; tra il desiderio della santità e la bramosia di possesso e di potere. Mistero dell’uomo sempre più grande di quanto egli stesso possa credere. Siamo farina impastata con un’ acqua che non è di questo mondo. Forse è per questo motivo che, nonostante il peccato che ci assedia e l’egoismo che ci rimpicciolisce, avvertiamo la nostalgia dell’eternità. Sentiamo di appartenere a noi stessi fino a un certo punto. Sentiamo che qualcosa ci sfugge. Che c’è bisogno di Qualcuno che meglio di noi sa leggere la mappa della nostra vita. Il Papa, dicevamo. Ci dirigiamo verso il Centro Astalli. Francesco sta per uscire. Tante persone lo attendono sperando di vederlo da vicino. Tra la gente mi intrufolo anch’io. C’è gioia, eccitazione, mille mani alzate con altrettanti apparecchi fotografici. È una scena stupenda e commovente. I figli cercano il padre. Sanno che di lui si possono fidare, che su di lui possono contare. Sanno che non appartiene più a se stessa quella fonte di acqua fresca alla quale possono andare a bere. «Venite a me, voi tutti affaticati e stanchi» disse Gesù. Il Papa ci ripete l’invito: «Andate da Gesù, le sue braccia sono sempre aperte. Non abbiate paura. Spalancategli le porte del vostro cuore…». Che bello risentire quelle parole benedette pronunciate da Francesco, il Papa dal sorriso sulle labbra. Sogno. Mi chiedo come sarebbe il mondo se per un attimo soltanto gli uomini prendessero sul serio le parole di Gesù. Uomo, chiunque tu sia, da qualsiasi paese vieni, sei mio fratello. Per me tu sei importante, la tua vita mi interessa. Il dolore mi addolora. La tua gioia mi arricchisce. Pane ce n’è per tutti oggi come fu per la manna ieri: nessuno rimarrà a digiuno questa sera. Chi viene ucciso dalla fame o dalle armi ci condanna. Severamente. Troppo grande è il cuore per accontentarsi di amori piccoli, quando accade rischia di scoppiare. Siamo stati pensati in grande. Tutti. Il Papa si affaccia sulla soglia. Eccolo! La gente grida, lo chiama, lo invoca con affetto: «Francesco… Francesco…». Mi ritrovo ai suoi piedi. Glieli bacio. Come sia stato possibile non lo so. Il cardinale Vallini, che fu mio rettore in seminario, gli sussurra: «Santo Padre, don Maurizio è un prete che combatte per la sua terra inquinata…». Il Papa mi incoraggia ad andare avanti, a proseguire per questa strada che si fa sempre più lunga e faticosa. La nostra terra risorgerà. Ne sono certo. Francesco mi accarezza il capo. Una carezza desiderata tante volte che mi dà una gioia immensa. Non siamo soli. Il Papa è con noi. La Provvidenza ancora una volta è sorta prima del sole.
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