venerdì 15 aprile 2011
Clamorosa protesta degli istituti Fism. Oggi a Treviso «riconsegnate» le chiavi. La presidenza dell’associazione delle scuole paritarie lancia l’allarme. Rispetto ai 539 milioni di euro promessi, finora ne sono stati stanziati appena 167, con una riduzione del 69%.
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Questa mattina i responsabili delle scuole dell’infanzia paritarie della provincia di Treviso consegneranno le chiavi dei loro istituti nelle mani del prefetto Aldo Adinolfi. E saranno accompagnati anche da una delegazione dell’Associazione dei Comuni della Marca Trevigiana. Un gesto simbolico, ma che racconta di una situazione che sta diventando sempre più insostenibile. «Consegneremo al prefetto, in qualità di massimo rappresentante del governo – spiega il presidente provinciale di Treviso della Fism, la federazione delle materne di ispirazione cristiana, Giancarlo Frare – un documento nel quale ribadiamo che, senza adeguati finanziamenti, il sistema veneto delle scuole dell’infanzia è a rischio di progressiva sparizione». Un gesto clamoroso quello della Fism di Treviso (quasi 20mila bambini, che nel solo Veneto salgono a 94mila - quasi il 70% della popolazione totale -, con oltre un migliaio di dipendenti), ma segnale di un malessere e di una fortissima preoccupazione che coinvolge l’intero sistema scolastico paritario nazionale.Infatti, al danno del taglio nella legge di stabilità per il 2011 di 258 milioni di euro sul capitolo di spesa che originariamente ne aveva 539, si aggiunge ora la beffa di vedere in pericolo il recupero di almeno 245 milioni per il 2011. Colpa, spiega Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, «dell’allungamento dei tempi della vendita delle frequenze televisive del digitale terrestre italiano». Già perché il recupero dei 245 milioni per quest’anno è legato all’incasso, previsto dalla legge di stabilità, di almeno 2 miliardi e 400 milioni di euro da quella vendita. Ma i tempi della gara si sono allungati, anche per il fatto che il ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani ha presentato al Consiglio di Stato un quesito con il quale, in parole povere, si chiede se la partecipazione di un concorrente extra-Ue (leggi il gruppo televisivo Sky) sia o meno in contrasto con la normativa in vigore. Il risultato di questa battaglia per l’etere, in cui sono coinvolti in particolare Sky e Mediaset, è che tutto è ancora fermo e l’incasso dei 2 miliardi e 400 milioni (tra cui i 245 da rimettere a disposizione della scuola paritaria) è ben lontano dall’accadere. E così - beffa nella beffa - il ministero dell’Economia e delle finanze ha deciso di correre ai ripari riducendo dell’importo citato, i capitoli di spesa già stanziati per il 2011. E «tra questi capitoli – denuncia ancora Morgano – è finito ancora quello della scuola paritaria». Risultato? Non solo il capitolo di spesa ha subito un taglio di 258 milioni (che sulla carta dovrebbero vedere un recupero di 245), ma persino i 281 milioni di euro messi nel capitolo per le paritarie hanno subito un ulteriore taglio del 10% riducendosi a 252 milioni. Lo ha ammesso lo stesso ministero rispondendo qualche settimana fa a un’interrogazione presentata dal deputato del Pdl Gabriele Toccafondi. «Attualmente – si legge nel documento di risposta del ministero all’interrogazione presentata in Commissione Bilancio dal parlamentare – risultano iscritte in bilancio, al netto degli accantonamenti di cui sopra (i 281 milioni, ndr), risorse per 252 milioni e 537mila euro».Insomma, siccome non si è sicuri di incassare la cifre prevista dalla vendita delle frequenze si è tagliato (o come si dice in burocratese «accantonato») nelle spese già decise, colpendo lo stesso capitolo di bilancio per il quale da quell’incasso ci si aspettano i fondi da reintegrare.Una situazione così intricata da far girare la testa, ma con una conseguenza chiara: mettere a rischio l’esistenza del sistema scolastico paritario, al quale, aggiunge ancora il segretario della Fism, «attualmente sono stati messi a disposizione in cassa soltanto 167 milioni di euro». A conti fatti dei 539 milioni di euro di partenza al momento se ne sono persi per strada (nei diversi passaggi) 372, che in percentuale rappresenta il 69% dell’intero importo. Un taglio che nessun altro capitolo di spesa ha mai subito. La consegna delle chiavi delle materne Fism di Treviso, alla luce di questi dati, da simbolico, diventa un vero e proprio campanello dall’allarme. Per tutti. Stato compreso, che, con la presenza delle paritarie, risparmia oltre 6 miliardi di euro all’anno. I TAGLI METTONO A RISCHIO I RINNOVI CONTRATTUALIÈ l’altro volto dell’assenza di certezze nei fondi per le scuole paritarie: la mancata apertura della trattativa per il rinnovo dei contratti per il personale della scuola dell’infanzia paritaria associata alla Fism. È stata la stessa Federazione delle materne di ispirazione cristiana a chiedere ufficialmente alle organizzazioni sindacali il rinvio dell’apertura della trattativa «in attesa – si legge nella nota approvata dal Consiglio Nazionale della Fism – di quelle certezze che possono essere acquisite solo nei prossimi mesi: certezze, peraltro, indispensabili in ordine alle modalità del servizio finora assicurato dalle scuole associate, alla sua qualità, alla salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro e all’entità delle rette a carico delle famiglie». Da parte loro, le organizzazioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil e Snals) pur «comprendendo le preoccupazioni avanzate» dalla Fism esprimono contrarietà verso «la richiesta di differimento sine die della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro 2010/2012». Si tratta di oltre quarantamila dipendenti laici (padri e madri di famiglia) in attesa del rinnovo del contratto, ma che, continuando l’attuale situazione sui fondi erogati, rischiano anche il loro posto di lavoro. «È la nostra preoccupazione maggiore» conferma Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism, che non nasconde il timore che il continuo taglio dei fondi significhi aggravare il peso economico sulle rette pagate dalle famiglie, che potrebbero anche non farcela più. E di conseguenza il calo di iscrizioni potrebbe portare alla chiusura delle scuole dell’infanzia. «In questi anni abbiamo sempre rispettato le scadenze contrattuali – afferma ancora Morgano – e abbiamo cercato progressivamente di ridurre la forbice tra gli stipendi delle educatrici delle statali e quelli delle nostre maestre». Ma ora la situazione «è talmente precaria» che rende difficile proseguire su questa strada.
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