lunedì 8 luglio 2013
​In molte regioni iscrizioni in calo. Fondi statali scarsi  ma scattano le tasse.
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​Per la scuola paritaria sarà un autunno difficile. È un coro unanime quello che si ascolta parlando con i responsabili della pastorale scolastica regionale. «Lo si è già potuto constatare nella fase delle preiscrizioni – commenta monsignor Vittorio Bonati responsabile per la Lombardia –: un calo di iscrizioni, che per molti istituti anche prestigiosi e di antica data significa aprire il prossimo anno con la metà delle sezioni». Ma per alcuni istituti il termine «riaprire» non sarà purtroppo pronunciato. «Nella realtà bergamasca – aggiunge Bonati – accadrà a Clusone. Ma ci sono anche altri istituti a rischio». Passando dalla Lombardia al Triveneto lo scenario non muta. «Il calo delle iscrizioni è attorno al 5%. Molte famiglie non possono più far fronte alla spesa della retta – spiega don Edmondo Lanciarotta, responsabile regionale –. E i ritardi nell’erogazone dei fondi rendono per molte scuole difficile, se non impossibile, pagare gli stipendi dei docenti nei mesi estivi».

Se tutto questo già non bastasse, ecco che all’orizzonte compaiono altri ostacoli: il congelamento dei 223 milioni di euro recuperati lo scorso anno, uno stanziamento nella legge di stabilità 2014 di soli 270 milioni di euro invece di 536 milioni del fondo originario, e - ciliegine sulla torta più amara per la scuola paritaria - il pagamento di Imu, Iva e Tarsu. «Al momento in Piemonte il sistema paritario cerca di resistere – dice monsignor Bruno Porta, responsabile regionale della pastorale scolastica –, ma non si potrà andare avanti all’infinito con questa situazione. Nei giorni scorsi, presente l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, con i parroci abbiamo incontrato il sindaco di Torino Piero Fassino, che, pur assicurandoci la piena disponibilità a sostenere le scuole dell’infanzia paritarie ha dovuto ammettere di non essere in grado di dire quando potrà erogare i fondi che devono giungere dalla Regione». Una situazione che accomuna tutte le Regioni e gli Enti locali della Penisola. «Siamo preoccupati per il futuro del sistema paritario – aggiunge monsignor Fiorenzo Facchini, responsabile regionale dell’Emilia Romagna –, ma anche della assenza di interesse da parte della opinione pubblica sul tema della scuola. Un esempio? La scarsa partecipazione al referendum promosso a Bologna, anche se contro il sistema paritario a livello di scuola dell’infanzia. Un disinteresse che rischia di non aiutare lo sviluppo del sistema paritario e della scuola in Italia».E nel frattempo le scuola paritarie chiudono, impoverendo l’intero sistema scolastico pubblico nazionale. Un triste elenco, che la Fidae nazionale cerca di stilare. «Ad impressionare – spiega don Francesco Macrì, presidente nazionale della Federazione che riunisce gli istituti paritari cattolici dalle primarie alle superiori – è che molte chiusure avvengano in regioni in cui la presenza della scuola paritaria è sempre stata significativa, come il Veneto, che andranno ad aggiungersi alle 13 scuole dell’infanzia e alle 3 superiori che hanno chiuso i battenti nel giugno dello scorso anno». Ma le chiusure riguardano anche il Piemonte, la Lombardia e il Lazio, «dove sono sei gli istituti che hanno cessato l’attività nella sola città di Roma». E per ogni chiusura non significa soltanto la perdita di un patrimonio educativo, ma anche la perdita di posti di lavoro e famiglie costrette a cercarsi un’altra scuola per i propri figli. «Siamo indignati per quanto sta accadendo nell’erogazione della prima tranche dei finanziamenti agli istituti paritari – commenta Roberto Gontero, presidente nazionale dell’Associazione genitori scuole cattoliche –: una burocrazia statale inefficiente costringe le scuole paritarie, che quest’anno non hanno visto ancora un euro dallo Stato, ad indebitarsi col rischio di paralizzare tutto il sistema scolastico italiano se dovessero chiudere le scuole non statali».

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