giovedì 20 febbraio 2014
​Non pagheranno le scuole con rette annue fino a 7.600 euro. Bozza dell’Economia. Ma i gestori chiedono che le agevolazioni valgano per tutti gli istituti, anche per quelli gestiti da onlus
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Un primo passo positivo ma non certamente risolutivo di tutti i problemi ancora sul tappeto. I gestori delle scuole parita­rie, hanno accolto così la novità che, stando a indiscrezioni di stampa, sa­rebbe contenuta nella bozza del de­creto Imu preparata dal ministero del­l’Economia. Si tratta dell’introduzio­ne del “costo medio per studente”, nuovo parametro per stabilire quali scuole dovranno pagare l’imposta su­gli immobili e quali invece saranno e­sentate. In sostanza, gli istituti che ap­plicano rette medie inferiori a 7.600 euro l’anno non dovranno pagare l’I­mu, perché l’attività sarà considera­ta «non commerciale», mentre la ver­seranno le scuole che supereranno tale soglia. Mediamente, la retta an­nuale delle scuole paritarie, che varia a seconda della regione e dell’ordine di scuola, si aggira comunque sui 2.000-2.500 euro all’anno. Molto al di sotto, quindi, del limite previsto. «Ci sembra una proposta ragionevo­le e fondata su un parametro oggetti­vo e incontestabile», commenta don Francesco Macrì, presidente della Fi­dae, la Federazione istituti di attività educative. «Ci rallegriamo – aggiun­ge – che le paritarie, le cui rette sono largamente inferiori alla cifra indica­ta, siano esentate dall’Imu. Ci chie­diamo, però, perché devono pagare altre tasse, come la Tares, che invece le scuole statali non versano. La pa­rità deve essere reale e deve valere sempre, perché sia le scuole statali che quelle paritarie svolgono un ser­vizio pubblico. Per questo – conclu­de don Macrì – consideriamo positi­va questa novità, anche se aspettia­mo di conoscere il testo definitivo del decreto». Anche Marco Masi, presidente della Foe, la Federazione delle opere edu­cative, vuole al più presto vedere le carte. «Aspettiamo il testo anche se crediamo sia un primo passo positi­vo ma che non cambia la sostanza del problema – ricorda –. Sarebbe equo prevedere che tutte le scuole parita­rie non fossero soggette all’Imu. In­vece, in questo caso l’esenzione vale soltanto per gli istituti gestiti da enti non commerciali, mentre sono e­scluse le scuole gestite dalle onlus. L’e­senzione dovrebbe, invece, valere per tutte le scuole, così come avviene, del resto, per quelle gestite dallo Stato». Dando un giudizio «moderatamente positivo» della novità, anche Antonio Trani, vice-segretario nazionale della Fism (la Federazione che riunisce le scuole materne di ispirazione catto­lica), rimanda un commento artico­lato alla lettura del testo ufficiale del decreto. «Se l’impianto concordato al tavolo tecnico del Ministero fosse confermato, come ci auguriamo – sot­tolinea Trani – sarebbe sicuramente positivo». Per affrontare in maniera decisa e al­leviare la situazione finanziaria delle scuole paritarie, servirebbe, però, u­na «contribuzione più seria». Non possono certo bastare i 532 milioni di euro all’anno, per un milione e 30mi­la studenti, stabiliti dalla legge sulla parità 62 del 2000 e mai più rivisti al rialzo, nemmeno per adeguarli all’in­flazione. «Ad oggi – denuncia Trani – stiamo ancora aspettando gli ultimi 230 milioni dei contributi per l’anno scolastico 2012/2013 e lo sblocco del­la prima parte di quelli di quest’anno. Ogni volta dobbiamo sprecare tempo e fatica per rincorrere contributi che comunque non bastano a sostenere le scuole. Per cui, va bene il “costo medio per studente”, ma la strada ver­so l’effettiva parità è ancora lunga e piena di ostacoli».
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