martedì 31 gennaio 2023
Bergoglio è arrivato a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, dove si assiste a migrazioni forzate e a terribili forme di sfruttamento
L'accoglienza a papa Francesco a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo

L'accoglienza a papa Francesco a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo - Reuters

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«Giù la mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare». Parla di diamanti insanguinati, di ogni forma di sfruttamento, di colonialismo economico schiavizzante, di una storia tormentata dalla guerra, di migrazioni forzate e corruzione papa Francesco atterrando a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, che con i suoi 15 milioni di abitanti è uno dei più grandi agglomerati urbani del Continente.

«Un pugno allo stomaco» per il Papa che viene, dichiara, «come pellegrino di riconciliazione e di pace». Dall’aeroporto verso il Palais de la Nation al nord di Kinshasa sulle rive del fiume Congo una folla interminabile si è assiepata sullo sfondo di bidonville per vedere il passaggio del Papa. Corrono lungo la strada di polvere e rifiuti.

Dopo l’incontro con il presidente Felix Tshisekedi Tshilombo, che nel 2013 era stato privato del suo mandato parlamentare per aver denunciato frodi elettorali, le parole del successore di Pietro pronunciate nel giardino del Palais de la Nation davanti alle autorità diplomatiche e politiche e ai rappresentanti della società civile suonano come una dura denuncia: «Questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro».

«La Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini migrazioni forzate e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato» ha affermato nel suo primo discorso nel Paese. I dati di questo sfruttamento per l’industria hi-tec e la cosiddetta transizione verde sono noti, basta pensare che l’estrazione nelle miniere del Congo di ogni kg di coltan – lega di minerali che serve a ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione – costa la vita di due persone.

Un frammento di questa lega di minerali è stato dato al Papa nel volo che lo portava a Kinshasa dalla giornalista della Cope, emittente della Conferenza episcopale spagnola, per sottolineare la gravità della schiavitù minorile nelle miniere del Paese, dove confluisce una galassia di interessi globali da parte di potentati occulti che mirano alla massimizzazione del profitto attraverso azioni predatorie.

E a proposito di sviluppo sfrenato Francesco afferma che «così questo Paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono straniero ai suoi abitanti. Il veleno dell’avidità ha reso i suoi diamanti insanguinati». «Non possiamo abituarci al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti all’insaputa di tanti – ha affermato – Si conosca quanto qui accade».

«È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca. Ma questo Paese e questo Continente – sottilinea il Papa – meritano di essere rispettati e ascoltati, meritano spazio e attenzione».

«L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo Paese e questo Continente. L’Africa, sorriso e speranza del mondo, conti di più: se ne parli maggiormente, abbia più peso e rappresentanza tra le Nazioni!».

Papa Francesco ha chiesto che si faccia largo «una diplomazia dell’uomo per l’uomo, dei popoli per i popoli», dove al centro non vi siano il controllo delle aree e delle risorse, le mire di espansione e l’aumento dei profitti, ma le opportunità di crescita della gente. Mentre cominciava a imbrunire Papa Francesco ha continuato a parlare con molta chiarezza: «Guardando a questo popolo, si ha l’impressione che la Comunità internazionale si sia quasi rassegnata alla violenza che lo divora».

E ha poi incoraggiato a sostenere i processi di pace in corso insieme a chi non manca di contribuisce al bene della popolazione locale e a un reale sviluppo attraverso progetti efficaci esprimendo «gratitudine ai Paesi e alle organizzazioni che forniscono aiuti sostanziali in tal senso», favorendo la lotta alla povertà e alle malattie, sostenendo lo stato di diritto, promuovendo il rispetto dei diritti umani.

Ha messo quindi il dito nella piaga dello sfruttamento minorile: «Troppi muoiono, sottoposti a lavori schiavizzanti nelle miniere. Non si risparmino sforzi per denunciare la piaga del lavoro minorile e porvi fine. Quante ragazze sono emarginate e violate nella loro dignità!». Ed ha ancora ribadito: «Non ci si lasci manipolare né tantomeno comprare da chi vuole mantenere il Paese nella violenza, per sfruttarlo e fare affari vergognosi: ciò porta solo discredito e vergogna, insieme a morte e miseria».

Ha poi stigmatizzato il tribalismo, il parteggiare ostinatamente per la propria etnia o per interessi particolari, alimentando spirali di odio e di violenza, la corruzione e favorire invece elezioni libere, trasparenti e credibili, estendendo la partecipazione ai processi di pace alle donne.

«Non bisogna stancarsi di promuovere, in ogni settore, il diritto e l’equità, contrastando l’impunità e la manipolazione delle leggi e dell’informazione» ha detto citando il De civitate Dei di Sant’Agostino, che nacque in questo Continente: «Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?».

Durante il viaggio verso Kinshasa, sorvolando il Sahara, il Papa ha rivolto un pensiero ai tanti che hanno perso la vita e a quanti sono stati messi nei lager dopo aver attraversato il deserto e rivolgendosi ai giornalisti presenti ha ringraziato per averlo accompagnato in questo viaggio atteso da un anno – e che sarebbe voluto andare a Goma, nell’est del Congo, ma con la guerra in corso non è stato possibile.

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