mercoledì 3 dicembre 2008
Una ricerca delle Conferenze episcopali europee dimostra che l'insegnamento della religione è una regola in tutto il Continente. Il modello più usato è quello «confessionale». Emerge la grande valenza culturale di questo insegnamento.
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L'ora di religione non è una eccezione italiana, ma una regola applicata praticamente in tutta Europa. Lo affermano i dati di una ricerca promossa dal Consiglio delle Conferenze episcopali del Continente (Ccee), con il sostegno operativo della Cei, attraverso il Servizio nazionale per l'Irc (insegnamento della religione cattolica). Lo studio, effettuato tra il gennaio del 2005 e il novembre del 2007, è stato presentato nelle sue linee essenziali (tra breve saranno pubblicati gli atti) al Congresso europeo delle Scuole cattoliche, conclusosi nel pomeriggio di ieri a Roma. «Obiettivo principale della ricerca " ha fatto notare il giornalista Alberto Campoleoni, che ne ha coordinato le varie fasi " era quello di stimolare le comunità cristiane e le Conferenze episcopali nazionali, per fare un cammino comune sui temi dell'insegnamento della religione e raccogliere il loro vissuto». Un obiettivo agevolmente raggiunto, perché in effetti l'indagine ha permesso di fotografare una situazione certamente variegata (a seconda dei diversi Paesi), ma anche alcune costanti, che emergono fin da un primo sguardo. Prima caratteristica comune: l'ora di religione esiste in quasi tutti i Paesi che hanno risposto al questionario predisposto dai ricercatori. Tre sono le eccezioni: Bulgaria, Bielorussia e Francia. In queste nazioni l'Irc non c'è. Ma in Francia c'è anche l'eccezione dell'eccezione, dato che in due regioni " Alsazia e Mosella " l'Irc è presente. Altra costante più o meno diffusa l'inserimento tra le materie curriculari. Dove è contemplata, l'ora di religione è inserita a pieno titolo tra le materie scolastiche. Inoltre il modello più usato è quello definito «confessionale», cioè basato sulla collaborazione tra Chiesa e Stato o affidato dallo Stato alle Chiese. Molto diffusa è anche la scelta se avvalersene o meno da parte dei genitori e degli alunni. E quasi dappertutto chi decide di non frequentare l'Irc ha a disposizione corsi alternativi. Anche per quanto riguarda gli insegnanti la situazione italiana è in linea con la grande maggioranza dei Paesi del vecchio continente. Nel senso che quasi ovunque i professori di religione sono assunti e retribuiti dallo Stato o da altri enti pubblici. Infine è patrimonio comune la distinzione fondamentale tra Irc e catechesi. «Sono attività differenti " ha sottolineato Campoleoni " che tutt'al più possono trovare un raccordo estrinseco a livello pastorale». Comunque l'Irc «è normalmente considerato un prezioso contributo alla formazione umana e culturale dei cittadini, mentre la catechesi ha un raggio più ampio e mira alla istruzione e formazione dei credenti alla vita di fede». Per cui, afferma il documento finale della ricerca, si tende a considerare l'ora di religione «un contributo alla conoscenza e all'apprezzamento dei contenuti e dei valori della tradizione cristiana offerto a tutti, mentre la catechesi richiede l'adesione esplicita alla fede». Emerge, dunque, dall'indagine la grande valenza culturale di questo insegnamento. «Attraverso di esso " ha detto il coordinatore della ricerca, sempre citando il documento finale " entrano nella scuola e nel percorso di formazione delle giovani generazioni, oltre all'apertura a Dio, anche l'attenzione alla formazione integrale della persona, l'esplorazione in ordine alle domande di senso dell'esistenza, la sensibilità sulle questioni etiche e sulle dimensioni del dialogo e della convivenza in una società pluralista e multireligiosa come quella europea». In particolare, ha concluso, «la dimensione della conoscenza di specifiche tradizioni religiose, della loro storia, e la ricerca di confronto e dialogo tipica delle modalità scolastiche, fornisce un utile contributo alla formazione sociale e civica della persona in Europa e alla sua collocazione consapevole e protagonista nella società di oggi e di domani».
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