venerdì 24 aprile 2009
Aperto a Roma il congresso sull'insegnamento della religione. Bagnasco: «La confessionalità non può essere vista come una complicazione o un intralcio, bensì costituisce una garanzia di identità. Per studenti di altro credo, conoscere la religione cattolica significa comprendere meglio la cultura italiana».
COMMENTA E CONDIVIDI
L’ora di religione come momento riservato a chi crede? Come catechismo impartito per convertire chi non crede? Oppure come in­segnamento etico, o peggio, asettico elenco di no­zioni? Niente di tutto questo. I numeri dicono che la stragrande maggioranza degli studenti, il 91,1%, si avvale dell’insegnamento della religione cattolica (Irc). Ma oltre a questo, il valore della conoscenza non tanto del fenomeno religioso, quanto della reli­gione cattolica come fattore che ha costruito il tes­suto in cui viviamo è al centro da ieri di una tre gior­ni dal titolo Io non mi vergogno del Vangelo. L’inse­gnamento della religione cattolica per una cultura al servizio dell’uomo, organizzato dal servizio naziona­le di settore della Cei. Insegnamento confessionale? La «confessionalità» – ha spiegato il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco davanti ai 300convenuti, tra direttori dio­cesani e insegnanti di religione in rappresentanza dei circa 25mila specialisti – «non può essere vista come una complicazione o un intralcio all’esercizio della laicità, bensì essa costituisce una garanzia di i­dentità ». Essa fa sì, dunque, che l’impegno vada a un insegnamento non «a-situato, cioè fuori contesto, ma al contrario che sia radicato in una tradizione vi­va, capace a sua volta di vivificarlo continuamente, e farlo progredire in un costante confronto con la realtà». E la realtà di oggi parla di una grande richie­sta di senso. Ma è anche caratterizzata da spinte se­colaristiche e dalla presenza plurale di altre religioni tra i banchi. Per i ragazzi di altro credo o che «si rife­riscono ad altri sistemi di significato», però, cono­scere la religione cattolica è tutt’altro che un orpello. L’alunno, al di là dell’appartenenza, infatti, è bene che percepisca «il significato dei valori che scaturi­scono da questa fede» – ha proseguito il porporato – riconoscendo che essi sono «generalmente vissuti e condivisi e che nel nostro Paese sono parte integrante del patrimonio storico e culturale». Ma non è solo u­na questione di cultura libresca, bensì di vita quoti­diana. L’insegnamento della religione cattolica, in­fatti, «potrebbe significare comprendere le persone che vivono coerentemente la fede cristiana», in vista della promozione di una «mentalità accogliente» che favorisca una «serena convivenza civile nel quadro del pluralismo». Obiettivo comune di Stato e Chiesa, in questo senso, è l’«alleanza educativa». Per raggiungere questi obiettivi – è emerso dall’in­tervento di Bagnasco, ma anche dalla presentazio­ne del responsabile del Servizio nazionale per l’Irc, don Vincenzo Annicchiarico e dagli interventi di un direttore diocesano (di Brescia) e di una insegnante romana – occorre che la religione cattolica diventi sempre più disciplina scolastica a pieno titolo e con pari dignità. «La cura e la competenza dell’inse­gnante– ha confermato Annicchiarico – diventa e­spressione di una risorsa non solo per la scuola, ma per l’intera società», andando incontro «ai bisogni culturali ed educativi degli alunni e delle loro fami­glie, mostrando così un impegno educativo per la piena realizzazione dell’uomo». A partire dalla loro precisa identità di credenti e uomini di «sintesi» tra fede e cultura, li ha definiti Bagnasco. «Testimoni della possibilità di riconoscere il Vangelo come sen­sato e significativo per la propria vita», è emerso dal saluto dei direttori diocesani. Con lo scopo di «for­mare la persona nella sua globalità», hanno ribadi­to gli insegnanti. Come modello, nell’Anno Paolino c’è l’Apostolo del­le genti. Un promotore di dialogo e cultura. Non a ca­so l’incontro vedeva ieri seduti al tavolo con Bagna­sco, la Gelmini, Annicchiarico e la sua vice, suor Fe­liciana Moro, anche il responsabile nazionale del Ser­vizio nazionale per il progetto culturale Vittorio Soz­zi e il vice Ernesto Diaco, che oggi prenderà la paro­la nella seconda giornata di lavoro. Più volte, infine, è ritornato l’accorato appello di Benedetto XVI sull’«emergenza educativa». E domani circa 8mila insegnanti da tutta Italia saranno ricevuti in udien­za per la prima volta da Ratzinger.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: