sabato 28 gennaio 2012
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Scelta della scuola da frequentare l’anno prossimo. Ma anche scelta se avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. È il duplice impegno che in queste settimane le famiglie italiane sono chiamate a compiere. Il termine scade il prossimo 20 febbraio, ma già da tempo, per i genitori di studenti che a settembre 2012 inizieranno un nuovo percorso di studi, è iniziato un tour (reale e virtuale) tra i vari istituti. Decisamente meno complessa la scelta riguardante l’insegnamento della religione cattolica a scuola. Le famiglie che in queste settimane iscrivono i propri figli al primo anno della materna, della primaria, della media e delle superiori, ricevono all’atto dell’iscrizione anche un modulo con il quale esprimere la scelta sull’insegnamento della religione. Secondo gli ultimi dati disponibili, il 91% degli studenti decide di frequentare l’insegnamento dell’Irc e solo un 9% opta per non avvalersi.Ma in questa fase l’unica decisione che un genitore deve prendere è se scegliere o meno l’insegnamento della religione cattolica a scuola per il proprio figlio. «Questo prevede la legge – ricorda Nicola Incampo, esperto Cei di Irc e curatore della sezione Irc per il sito culturacattolica.it – e non anche la contemporanea scelta di attività alternative per chi decide di non avvalersi dell’insegnamento». Una precisazione quanto mai necessaria, specialmente dopo l’invio da parte dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar) di una lettera a tutti i dirigenti scolastici nella quale si sollecitano «informazioni e garanzie» per genitori e studenti in merito alla scelta dell’attività alternativa, affermando che «in sede di iscrizione» va «distribuito e fatto compilare il modulo F» destinato a chi non si avvale dell’Irc. «Ma la legge 121 del 23 marzo 1985 parla chiaro – spiega Incampo –, quando dice che "all’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione". Come si vede non si parla affatto della contemporanea scelta di altra attività alternativa, ma solo se avvalersi o meno dell’Irc». Sempre la stessa legge prevede che la scuola, entro trenta giorni dall’inizio delle lezioni, raccolga le indicazioni tra coloro che non si avvalgono dell’Irc su come intendono utilizzare l’ora in questione. Allo stato attuale il 47,5% dei non avvalentesi opta per «l’uscita da scuola», il 24% per «studio non assistito», il 18,8% per «studio individuale assistito» e il 9,7% per «attività didattica e formative».Insomma se la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento riguarda un diritto costituzionale, quella sulle attività alternative «è un aspetto organizzativo dell’attività scolastica e di gestione degli studenti», sottolinea l’esperto di Irc, aggiungendo che «proprio per questo le attività alternative all’Irc non possono essere inserite nel piano dell’offerta formativa degli istituti. Del resto la norma prevede nel quadro orario obbligatorio soltanto l’insegnamento della religione cattolica e non altre attività, che vengono proposte ai soli studenti non avvalentesi». Passaggi e atti chiari, normati da un quarto di secolo. «Eppure si cerca di ingenerare confusione nelle procedure», commenta ancora Incampo. Comunque, le circolari ministeriali, oltre alla legge che regola la scelta, parlano chiaro e i dirigenti scolastici sanno come procedere tutelando tutte le decisioni «senza discriminazioni».Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio socio-religioso del Triveneto per conto del Servizio nazionale della Cei per l’insegnamento della religione cattolica, nell’anno scolastico 2010/2011, il 91% degli studenti ha frequentato l’insegnamento della religione cattolica. La percentuale è del 93,2 nella scuola dell’infanzia (dove la scelta dell’Irc va fatta annualmente), mentre nella primaria si sale al 94,2%, per attestarsi al 92,7% nelle medie. Dato più basso nelle superiori dove comunque l’85,3% degli studenti partecipa all’Irc.
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