giovedì 13 ottobre 2011
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Alla fine le opposizioni hanno deciso come affrontare insieme lo scenario inedito che si aperto con la bocciatura del rendiconto. E hanno assunto una posizione che non si presta a equivoci: oggi non ascolteranno il premier, non parteciperanno al dibattito e domani - per «rispetto alle istituzioni repubblicane» - voteranno la sfiducia. Non sarà l’Aventino di cui si è parlato per tutta la giornata. Ma uscire dall’aula per non sentire il premier è un gesto forte. Ancor più dello scontato «no» alla fiducia.I gruppi di minoranza dicono di non voler «essere complici di una situazione che è ormai intollerabile». E, con un comunicato congiunto spiegano i risvolti di una «inedita situazione che nella storia della Repubblica si era risolta solo con le dimissioni dei presidenti del Consiglio». Nel testo diffuso dopo la riunione - cui hanno partecipato Casini, Franceschini, Tabacci, Lanzillotta, Della Vedova, Donadi, Pisicchio, Melchiorre e La Malfa - vengono tratte le conseguenze delle mancate dimissioni di Berlusconi: «Il voto di fiducia chiesto dal governo non risolve i problemi costituzionali aperti ed è soltanto un inutile tentativo di prorogare uno stato imbarazzante di incertezza e di paralisi». I toni della presa di posizione sono drastici. Le opposizioni ritengono che «non sia più né decorosa, né tollerabile per l’Italia: il governo è incapace di dare risposte alle questioni economiche ed istituzionali che sono aperte dalla presentazione dei provvedimenti urgenti per l’economia alla nomina del governatore della Banca d’Italia».Per arrivare a un fronte comune si è lavorato per tutta la giornata di ieri. Con riunioni dapprima dei singoli gruppi, per arrivare a un incontro allargato. Capofila nell’indicare la soluzione "eccezionale" è stato il Pd di Pier Luigi Bersani, visto che non è «la solita fiducia, come già ce ne sono state a decine». Mentre fino all’ultimo non è trapelata la posizione dell’Udc, che è sì da giorni sulle barricate, ma avrebbe potuto anche non chiudere futuri spiragli con un Pdl a guida Alfano, scegliendo forme di protesta meno clamorose. A cose fatte, Dario Franceschini esulta per l’unità trovata «per non avallare questa fiducia-farsa». Si sfila, però, Marco Follini che ritiene doveroso manifestare il dissenso da Berlusconi, ma anche stare nelle aule parlamentari. «Gesti aventiniani non mi convincono», afferma.Anche nel piccolo conclave centrista Pier Ferdinando Casini ha messo a punto le ipotesi di «manifestare distanza e scetticismo» rispetto al discorso del premier. Ricorre all’ironia il leader della Lega, Umberto Bossi: «L’importante è che non vengano neppure a votare, così è risolto il problema». Rievoca, invece, il precedente storico di epoca fascista il capo dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto: «Sarebbe un atto gravissimo, che ha come unico precedente l’Aventino». Solo che, sottolinea, «non ci troviamo certamente di fronte a una situazione di quel tipo». E, dunque, il gesto «testimonierebbe una situazione tragica e grottesca». Risale ancora più indietro nel tempo il leader dell’Idv Antonio Di Pietro che dipinge il premier come Nerone. «Lasciamolo con la sua cetra a cantare da solo».Tra le contromosse della maggioranza ce ne sarebbe una tutta mediatica. Per evitare l’effetto aula vuota i deputati del Pdl, a quanto si apprende, sono intenzionati oggi a sedersi nei banchi dell’opposizione. Battaglia si annuncia, infine, anche in Senato. Sul "processo breve" Anna Finocchiro presidente del gruppo del Pd annuncia ostruzionismo in ogni sede.
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