mercoledì 31 maggio 2023
Un convegno con il Comandante generale dell’Arma, Teo Luzi, e il presidente della Cei, Matteo Zuppi. Quando il perroco e il maresciallo diventano amici
Don Pino Puglisi

Don Pino Puglisi - Archivio

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Di che ebbero paura i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano? Quale minaccia rappresentava per loro - potenti mafiosi siciliani – l’indifeso parroco di Brancaccio? Perché presero la tremenda decisione di mettere fine alla sua vita?

Di Padre Pino Puglisi tutto si può dire tranne che fosse un “prete antimafia”, definizione da cui prendeva le distanze. Anche perché un prete antimafia non è mai esistito né mai potrà esistere. Esiste, invece, il prete senza aggettivi, innamorato di Dio, al servizio dei fratelli, che soffre e lotta per i diritti bistrattati della sua gente.

Esiste il prete che profuma di vangelo, di incenso, di preghiera, di pecore e di ovili. Esiste il prete che non discrimina nessuno, nemmeno i mafiosi, per la cui conversione volentieri darebbe la vita.

Eppure la mafia di questo piccolo prete di borgata ebbe tanta paura da decretarne la morte.

Il fatto di sangue avvenne il 15 settembre del 1993, giorno del suo 56° compleanno. Tornava a casa il parroco di Brancaccio. Gli spararono. Ebbe il tempo di sorridere al suo assassino. Quel sorriso – oggi ammette – gli cambiò la vita.

Roma, 31 maggio 2023. Presso la Scuola dell’Arma dei Carabinieri, si tiene un importante convegno: « L’Arma e la Chiesa nella lotta alla mafia in occasione del 30* anniversario del sacrificio di Padre Pino Puglisi». Relatori di eccezione il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi e il Comandante Generale dell’Arma, Teo Luzi.

Tutti sono concordi nell’affermare che solo mettendo insieme le forze, il contrasto alla mafia sarà davvero possibile. Il comandante riconosce l’importante ruolo delle parrocchie sui territori che hanno il polso della situazione. Il parroco, i vicari parrocchiali, le suore, i laici impegnati, sui territori che sono chiamati a servire, ci vivono. Conoscono le persone, i loro problemi, le loro speranze, tante volte mortificate, deluse, spente. Belle ed importanti le testimonianze che seguono.

Don Antonio Garau, parroco di Borgo Nuovo a Palermo e il maresciallo della caserma sono diventati amici, la mattina prendono il caffè insieme, si fanno forza nei momenti di sconforto. La repressione da sola non basta, la mafia – meglio dire le mafie - affonda le radici in una pseudo cultura che si nutre di degrado, povertà, modi di fare edi pensare; che insinua sospetti negli uomini dello Stato, nella politica, nella magistratura. I ragazzi devono capire che i carabinieri non sono gli sbirri da evitare o da colpire ma gli amici su cui contare.

La grande ed elegante sala è strapiena di giovanissimi studenti in divisa, che lasciano ben sperare per il futuro del Paese. Hanno voglia di imparare, di conoscere, di mettersi in gioco. La divisa non più vista come uno scudo con cui difendersi ma come una bandiera sotto la quale tutti possono e debbono trovare riparo. Mi piace. Ci sto.

Anche a Caivano il parroco e il capitano sono diventati amici. Ognuno sa di poter contare sull’altro. Ognuno, senza invadere il campo altrui, può contribuire al successo della giustizia e della pace.

Il cardinale di Bologna, prendendo un po’ alla sprovvista l’assemblea: « Le chiese del nord devono imparare dalla chiesa di Sicilia. Devono prendere consapevolezza che le mafie sono diventate più pericolose, anche se più inodori. Anche se si sono messe la mascherina» dice.

La vecchia convinzione che le mafie siano relegate al Sud deve essere, quindi, rivista. Pur conservando un rapporto privilegiato con le regioni di origini, il cuore dei loro affari milionari pulsa nel Centro Nord, in Europa. Don Matteo ricorda poi il grido “irato” di Giovanni Paolo II, nella Valle dei templi ad Agrigento. Un grido “irato” perché appassionato. Chi ama soffre per il male fatto alla persona amata. Nel nome di padre Pino Puglisi, la Chiesa italiana e l’Arma dei carabinieri si fanno più vicini e attenti per il bene della gente affidata alle loro cure. Questo è davvero un bel segno.

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