giovedì 25 gennaio 2024
Il ministero degli Interni vuole spostare 49 cittadini ucraini da un anno nel centro di accoglienza di San Michele al Tagliamento. Ignorando traumi e inserimento nel contesto scolastico e lavorativo
Profughi ucraini in Veneto

Profughi ucraini in Veneto - Ansa

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Non ci stanno ad essere spostati dal veneto al Sud Italia. Dopo più di un anno al centro di accoglienza di San Michele al Tagliamento, nel Veneziano, «entro sette giorni» il futuro per 49 cittadini ucraini (di cui 19 minori) ospiti del centro è un punto interrogativo. Per loro, il Ministero dell’Interno ha previsto il trasferimento fra i Sai di Avellino, Vasto, Fabriano, Cosenza e altre località del Sud.

«Facciamo presente che la gran parte delle famiglie che dovrebbero spostarsi sono composte da mamme (in pochi casi da entrambi i genitori) con uno o più minori che frequentano le scuole dell’obbligo o superiori del territorio, per i quali lo spostamento a metà dell’anno scolastico determinerebbe ulteriori disagi sia nell’apprendimento che a livello psicologico, rendendo totalmente inutili tutti gli sforzi per favorire la loro integrazione ed il superamento dei traumi conseguenti all’esodo forzato dai luoghi di guerra messi in atto dagli operatori di Qualitas srl (la società che gestisce il centro di San Michele, ndr), dagli istituti scolastici, dal Comune di San Michele al Tagliamento, dalla Città Metropolitana di Venezia e dal volontariato» scrivono i profughi ucraini in una lettera inviata con urgenza al Servizio centrale del Sistema accoglienza e integrazione e in copia per conoscenza al prefetto di Venezia, al ministero dell’Interno e a Consolato e Ambasciata di Ucraina in Italia.

Non c’è solo la scuola a preoccupare: molti profughi ucraini sono in cura presso le strutture del territorio e diversi altri hanno anche trovato lavoro. San Michele al Tagliamento è infatti nel comune di Bibione, nota località turistica di mare con alberghi e ristoranti pronti ad offrire lavoro soprattutto nella stagione estiva.

«Alcuni di questi minori – scrivono –per specifiche patologie hanno avviato percorsi di cura con le strutture sanitarie locali di particolare rilevanza». I profughi chiedono nella lettera di avere un incontro col prefetto. «Nessuno riesce a darci una spiegazione – racconta Roberto Soncin dell’associazione “Noi migranti” – Il sindaco e tutti i rappresentanti locali e anche noi del mondo del volontariato, compreso l’ente che gestisce il centro, siamo caduti dal pero».

Ieri un gruppo di profughi è stato ricevuto dal funzionario della prefettura che ha confermato loro che il trasferimento sarebbe la migliore alternativa perché in Veneto non ci sarebbero più posti nel Sai (attualmente i profughi sono inseriti in un centro Cas). Il sistema di accoglienza e intregrazione prevede infatti numerosi altri servizi (migliorativi) in aggiunta a quelli offerti dal Cas. «Ma noi abbiamo già le stesse cose, qui in Veneto, grazie a una rete di relazioni con le associazioni sul territorio» ribattono i profughi. «L’amministrazione comunale » commenta al Gazzettino di Venezia il vicesindaco di Bibione, Pierluigi Grosseto – è spettatrice di queste vicende perché la direzione è della Prefettura». «È vero però che non possiamo essere spettatori e basta – aggiunge – Il Comune continuerà a monitorare la situazione e ad interloquire con la Prefettura».

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