sabato 14 maggio 2022
Agli Stati generali per la natalità la politica concorda sul fatto che che un figlio cambia il senso della vita e che è un investimento sul futuro del nostro Paese
La politica concorda che la natalità è un problema centrale per l'Italia

La politica concorda che la natalità è un problema centrale per l'Italia - Siciliani

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Ora è tempo di un Patto per la natalità. Un patto che metta fine alle contrapposizioni sulla famiglia, soprattutto all’interno della politica. Nella seconda e ultima giornata degli Stati generali per la natalità tutti d’accordo che un figlio cambia il senso della vita e che è un investimento sul futuro. Anche i rappresentanti dei partiti. E proprio dal segretario Pd Enrico Letta arriva la proposta, rivolta alla viceministra dell’Economia Laura Castelli, di «rivedere l’Isee per il tema dell’assegno unico. Credo che sia maturo il tempo», perché è squilibrato.

Accanto alla necessità che l’Italia sulla natalità «si dia due obiettivi: terzo figlio come regola e integrazione dei bambini nati fuori dall’Italia e che diventino italiani». Altro passaggio fondamentale, secondo Letta, è fare in modo che trovino la propria indipendenza economica presto, e dunque escano di casa a 25 anni, perciò «basta tirocini gratuiti».

Ma è in particolar modo sulla revisione dell’indicatore sulla situazione economica dei nuclei familiari che l’idea del segretario dem trova d’accordo la vice responsabile del dicastero in via XX Settembre. Annuendo già durante l’intervento di Letta, Castelli torna sull’argomento a margine dell’evento: «Penso si debba fare. L’Isee, così com’è strutturato, non è più attuale. È uno strumento che va rivisto in alcuni aspetti, soprattutto se pensiamo all’assegno unico. Lavoriamoci per migliorarlo».

Anche se, con la revisione dell’Isee, aumenterebbero anche gli importi dell’assegno unico e dunque la spesa pubblica per questa misura, che nel 2022 vale 15 miliardi di euro. Inoltre la neo mamma M5s ipotizza anche, come contributo alla genitorialità, di «ridurre l’Iva sui prodotti dell’infanzia», ricordando che «entro luglio dobbiamo comunicare alla Ue quali sono i prodotti che scegliamo per chiedere agevolazioni». Da qui un invito: «Facciamo una campagna per portare al 4% l’Iva su tutti i beni dell’infanzia». E rivolgendosi ai politici seduti vicino a lei – Letta, Rosato, Calenda, Ronzulli – aggiunge: «Facciamolo insieme».

Poco prima era stata la presidente di Fdi Giorgia Meloni a toccare il tema della necessità di «un piano imponente sulla maternità», perché il tema della natalità per lei non si affronta «solo con un provvedimento», ma stabilendo le priorità. Prima Meloni si concede una nota intima, «mi chiedo perché ho avuto una figlia così tardi...». Poi aggiunge: «Nel Pnrr la priorità strategica» della crisi demografica «non c’è ed è un problema anche per l’Europa, che non ha un piano famiglie». Di «strategia di lungo termine» parla pure l’azzurra Licia Ronzulli, sottolineando come sia «un peccato che il Pnrr non preveda un apposito capitolo sull’infanzia». Certo ci sono 4,6 miliardi per gli asili nido, ma «un intero capitolo avrebbe avuto un impatto più chiaro e più immediato».

Torna invece sull’argomento, accennato poco prima da Letta, della natalità legata all’indipendenza economica dei giovani il segretario di Azione Carlo Calenda, per cui occorrerebbe «tagliare le tasse sotto i 25 anni e ridurle del 50% fino a 30. Avrebbe un costo di 4,6 miliardi e farebbe recuperare a questa generazione il gap sugli stipendi».

Con il Family act, ricorda infine il coordinatore nazionale di Italia Viva Ettore Rosato, «gli strumenti per invertire la tendenza sulla natalità ci sono, bisogna avere la volontà politica di metterci le risorse nella legge di Bilancio». Guarda infine a Budapest il segretario della Lega Matteo Salvini: «In Ungheria da qualche anno funziona la legge per la natalità, che si fonda su prestiti a tasso zero e mutui agevolati per chi si sposa e fa figli. Perché non dovrebbe funzionare da noi?».

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