sabato 21 maggio 2011
Il premier: «Sinistra violenta vuole la Stalingrado italiana, le bandiere rosse non vinceranno E il governo va avanti». Sul primo turno: «Pdl sempre in testa, il Pd ha perso, non rida Terzo polo irrilevante». Le opposizioni insorgono per «l’invasione» degli schermi. Bersani: «Siamo come in Bielorussia». L’Udc: Cavaliere e testate fuori dalla legalità, l’AgCom intervenga subito.
- SECONDO NOI: Legittimi dubbi
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Dalle 18.30 alle 20.45 il premier va in onda - tra lo sconcerto e la rabbia delle opposizioni - quasi a reti unificate, con interviste su Tg1, Tg2, Tg4, Tg5, Studio aperto e Gr1. E battezza la nuova linea comunicativa a cui il centrodestra affida il compito di ribaltare il voto di Milano. Azzerati gli attacchi ai pm (appena un «giustizialista» messo sulla schiena di Luigi De Magistris, l’ex magistrato candidato a sindaco di Napoli), il premier si concentra invece su tre obiettivi: richiamare i moderati delusi, indicare il pericolo che al governo della sua città vada la «sinistra violenta ed estremista appoggiata dai centri sociali, che vuole fare le zingaropoli e sogna la Stalingrado d’Italia», fare la lista dei risultati raggiunti dalla giunta uscente che sarebbero «messi in pericolo» da Pisapia, a partire dall’Expo 2015. Il silenzio lungo cinque giorni si è dunque rotto con un discusso forcing mediatico, deciso l’altra notte dai "colonnelli" Pdl, con il placet di Letizia Moratti, per evitare l’impressione di un premier dimesso e rassegnato.Col sorriso delle grandi occasioni, seduto ad un’ampia scrivania con alle spalle, ben visibile, il simbolo del Pdl, Berlusconi riceve poche domande sul futuro del governo, alle quali risponde con tono sereno, senza le punte esasperate della settimana scorsa: «Non c’è alcun pericolo per l’esecutivo, non c’è altra maggioranza che la nostra, l’asse con la Lega è solido. Faremo le riforme del fisco e della giustizia». La premessa del suo ragionamento viene dall’analisi del voto: «Siamo sempre il primo partito, il Pd ha da piangere e non da ridere, ha perso cinque punti ed è dominato dalle estreme». E il Nuovo polo? «Irrilevante, l’Udc vince solo se sta con noi - è l’estremo tentativo di aprire un dialogo con i centristi -, Fli è sparito». Dunque, ragiona, i moderati sono ancora lì che ballano. E li sprona: «Lo so, siete rimasti anche voi turbati come me quando l’altra sera avete visto la città invasa da bandiere rosse con falce e martello. Davvero vogliamo che un Paese occidentale vada in mano ai Grillo, ai Vendola e ai Di Pietro?».Il Cavaliere si dice «intimamente sicuro» di vincere sia a Milano sia a Napoli, ma è costretto ad ammettere la delusione che l’ha vinto lunedì scorso. «È stato un risultato inaspettato, abbiamo fatto degli errori, dovevamo dire che contro di noi c’era una coalizione che va dal Leoncavallo al partito delle manette, dai radicali ai cattocomunisti».Milano e Napoli, Napoli e Milano. Tutto passa lungo quest’asse. Per quanto riguarda la sua città, il premier rigetta l’accusa di essersi ritirato dalla trincea («sono in campo ogni giorno come cittadino») e critica punto per punto il programma di Pisapia: «Vuole il centro islamico, dice che ogni zingaro si può fare la baracca dove vuole, aumenta l’ecopass... e poi con lui ci sono i comitati anti-Expo, ce lo faranno perdere». Alla città partenopea dedica meno spazio, scegliendo una chiave di lettura fissa: «Sul pm d’assalto De Magistris ora si concentra il potere clientelare degli ultimi 18 anni, quello che ha rovinato i napoletani e non ha saputo risolvere il problema rifiuti». Di contro, dunque, Lettieri è «la novità».Paradossalmente, a suscitare maggiore curiosità nella giornata degli "inseguitori" è una frase sibillina del leghista Calderoli: «Bossi e Berlusconi vi faranno una sorpresa». Pian piano il mistero si dissolve: giovedì prossimo il premier deve andare in Francia per il G8, dunque le ultime cartucce elettorali vanno sparate prima, entro mercoledì. E allora si profila quel comizio-conferenza congiunto del Cavaliere e del Senatur, in cui dare in pasto agli indecisi una "flat tax" o una "no tax area" per Milano, insomma agevolazioni fiscali contrapposte al «più tasse per tutti della sinistra». Un "evento" in cui annunciare le riforme istituzionali, il Senato federale, il riordino del fisco, il decentramento di ministeri nel capoluogo lombardo e in quello campano. In cui, magari, rimettere nel piatto promesse già spese la settimana scorsa, come l’abolizione della Tarsu sinché non sarà risolto il problema rifiuti. E il premier ci metterà la faccia, perché «le partite durano 90 minuti, e siamo al secondo tempo».
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