martedì 27 febbraio 2024
Il sociologo Barbagli: la nota di Mattarella sull'ordine pubblico un fatto storico. Rappresenta un problema per il governo, ma non vedo un disegno da parte del Viminale. Il nodo resta la formazione
Marzio Barbagli

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«L’intervento del capo dello Stato sull’ordine pubblico? Un fatto storico». Per il sociologo Marzio Barbagli la lettura dei fenomeni sociali legata alla sicurezza va fatta «con grande cautela e senza ingenuità. Tutti i pezzi dello Stato devono muoversi insieme, in vicende come queste».
La novità assoluta dell’intervento del capo dello Stato, che non potrà non avere conseguenze nei prossimi mesi, va contestualizzata anche alla luce del clima di tensione di questi mesi. «Come succede sempre in questi casi, la lettura che viene data delle cosiddette “manganellate” risente molto della propaganda politica. Da un lato, penso che non esista un disegno da parte del Viminale, dall’altro credo che il messaggio posto da Mattarella non possa non avere conseguenze». Sul tavolo c’è ovviamente la conoscenza delle forze dell’ordine e l’esperienza accumulata in decenni di studio e di impegno, visto che Barbagli è stato consulente per due ministri dell’Interno nei governi di centrosinistra, negli anni scorsi.
Professore, Mattarella ha spiegato che «con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento». Non è il risultato di un clima esasperato, creato ad arte in questi mesi?
Ho visto che molti commentatori hanno interpretato i fatti di Pisa e Firenze come uno dei tanti segnali di possibile deriva autoritaria dell’attuale governo. Non credo sia così. Credo però che il messaggio del Presidente della Repubblica, totalmente condivisibile, rappresenti un problema per l’esecutivo.
Perché?
Perché per la prima volta il Quirinale interviene formalmente sui temi dell’ordine pubblico. Mattarella ha messo il dito nella piaga: è giusto che si discuta di questo tema e io mi aspetto, alla luce delle sue parole, che i prossimi passi del Viminale vadano nella direzione di una miglior gestione dei cortei. Anche se, va detto, la situazione di cui stiamo parlando non è minimamente paragonabile a quelle del passato.
Secondo Piantedosi, su 1.076 manifestazioni pubbliche, solo in 33 casi ci sono state criticità.
Se vogliamo dare una prospettiva storica a questi fatti, va detto che quel che è accaduto in Toscana nei giorni scorsi è assai meno rilevante rispetto a quel che è avvenuto negli ultimi sessant’anni. Non occorre scomodare i tempi di Scelba o gli Anni di Piombo per capirlo... Violenze e aggressioni sono accadute anche con governi diversi da questo, ma nessuno può pensare di attribuire paternità dirette a questo o quel ministero.
Partiamo dalle responsabilità delle forze dell’ordine: a cosa possono essere imputate?
Queste sono situazioni in cui maggiormente poliziotti e carabinieri sono sottoposti alle fatiche e allo stress: spesso si ricevono insulti e provocazioni. Il mestiere del garante dell’ordine richiede equilibrio e autocontrollo, non è ammesso reagire duramente come si è fatto. Poi un conto è lavorare negli uffici, un altro è saper gestire in prima persona le tensioni di piazza.
Quanto può incidere la mancata formazione delle nuove generazioni?
Premessa: le forze dell’ordine hanno compiti ingrati e sono spesso pagate male. Ciò detto, è vero che esiste un tema di formazione e di reclutamento, così come di presenza sul campo delle gerarchie: durante i cortei, erano presenti o no i livelli superiori? Ci sono vari gradi gerarchici e, all’interno di uno di questi livelli, potrebbero essere stati commessi errori decisivi. Detto che non vedo alcuna svolta autoritaria in materia di ordine pubblico, va ribadito che le forze dell’ordine non devono perdere il polso della situazione.
Se assumiamo il punto di vista degli studenti, quali osservazioni possiamo fare rispetto al loro comportamento?
Gli studenti hanno espresso posizioni comprensibili e legittime, a favore della pace e delle popolazioni oppresse dalla guerra, si pensi recentemente alla causa palestinese. Non è un fatto solo italiano, ma comune a tante altre democrazie, perché i cortei avvengono in tanti altri Paesi europei.

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