mercoledì 2 dicembre 2015
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Pace e amicizia, giammai rinuncia al presepe. Non si tira indietro, monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, per sottolineare la lettera e il preciso senso delle sue parole, che ieri hanno rischiato di aprire un altro fronte nelle ormai quotidiane polemiche sui simboli religiosi. Alla televisione locale Retevenetail presule lunedì aveva detto di essere disposto a fare «un passo indietro per mantenerci nella pace, nell’amicizia e nella fraternità. Non vorrei – aveva aggiunto – che ci presentassimo pretendendo qualche cosa che anche le nostre tradizioni considerano come ovvie». Parole semplici, che non lasciavano supporre nessuna rinuncia a Bambinelli e re Magi. In mezzo a una piccolissima bufera fatta di lettere aperte (del governatore del Veneto Luca Zaia), post deliranti e/o esilaranti su Facebook, blog inquisitori, il vescovo di Padova trova la serenità di sorridere: «Pensi che ho una collezione di piccoli presepi. Mi piacciono tanto...». Sorpreso da tanta polemica? Be’ sì, non mi pareva che ci fossero i presupposti. Monsignor Cipolla, dunque è tutto chiarito: lei non ha mai detto che dobbiamo abolire il presepe. Ma quando nell’intervista a 'Reteveneta' suggeriva «un passo indietro per stare nella pace e nell’amicizia », allora, nei confronti di chi lo immaginava? Pensavo genericamente a chi non la pensa come noi. Ecco: credo che la nostra fede cristiana non possa essere riassunta e rappresentata solo dalle nostre consuetudini, che ovviamente rispetto profondamente perché sono portatrici di profonde tradizioni e forgiano la nostra identità. Ma non sono la nostra fede. Penso ai cori, agli alberi addobbati, alle luminarie, anche ai presepi. Tutto bello, ma.... Ma... Penso che il messaggio del Natale coinvolga più in profondità la nostra vita e il saper stare, come ha fatto Gesù, in mezzo alla storia, alla gente. Soprattutto a chi è più povero. Ecco l’essenza. Un «passo indietro» vuole dire dunque non imporre, non esibire in modo aggressivo? Vuol dire non fare calcoli di piccole vittorie. Abbiamo un messaggio da portare, che ha come obiettivo il dialogo e la pace tra gli uomini. Si misura in tempi lunghi... Sì, ma l’hanno accusata di cercare una politica di 'appeasement', insomma, un po’ buonista. Il sindaco Massimo Bitonci su Facebook ha chiesto ai padovani di farle coraggio nella difesa delle nostre tradizioni. Ne ha bisogno? La nostra fede ci porta a essere così sicuri di quanto il Vangelo ci insegna da non avere il timore di apparire un po’ deboli. Io la vivo come la forza della verità. Quindi? Quindi il nostro impegno è fare il bene. Non alzando steccati, ma costruendo ponti. Il mio invito è a vivere la fede in modo sereno, an- nunciandola in tutte le manifestazioni con cui ci si sente in sintonia. Il governatore del Veneto Luca Zaia in una lunga lettera aperta ha scritto che lei, con le sue parole, «ha fatto apparire i cristiani che difendono il presepe, e il suo valore identitario, come dei veri e propri fondamentalisti ». Parole severe. Vuole rispondere? Il mio riferimento primo è il Vangelo: tutte le manifestazioni di devozione sono misurate dal Vangelo, che annuncia il mistero di Dio che si è fatto povero e piccolo. E silenzioso. Non si dirà che proprio un vescovo è contrario alle manifestazioni di devozione... Ovviamente io non sono contro la presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose. Ma né l’una né l’altra possono essere strumenti di separazione, conflittualità, divisioni. Le fedi religiose, in particolare la fede cristiana, costruiscono relazioni, rispetto, dialogo e aprono ponti. Tutto ciò significa rifiutare ogni forma di strumentalizzazione polemica, perché le fedi sono sempre occasioni di incontro e reciprocità, senza rinunciare alla propria storia, ma riscoprendone il valore più autentico.
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