lunedì 25 giugno 2012
Il vescovo Depalma dopo gli attacchi alle feste popolari: «Dalle parrocchie una battaglia senza tregua all’illegalità». La comunità in festa per san Paolino sfida la malavita. Il presule: «La Chiesa offre presìdi di speranza in ogni città, cerchiamo con umiltà di salvare i giovani dagli inganni, non ci interessa la popolarità».
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​La Chiesa è per sua natura e scelta una forza vitale che lotta contro le ingiustizie, le storture e le oppressioni. E nella nostra terra, nel nome del Vangelo, opera notte e giorno perché venga distrutto il seme della camorra». In questi giorni Nola ricorda San Paolino con la tradizionale “Festa dei Gigli”, evento popolare tra i più conosciuti al mondo. E il vescovo della diocesi campana, Beniamino Depalma, ripercorrendo la storia di Paolino (console romano del 400 dopo Cristo convertitosi al cristianesimo e ad una vita monastica di preghiera e carità), lancia un messaggio forte sull’impegno dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici contro la malavita organizzata: «Non esiste una Chiesa di frontiera contrapposta ad una Chiesa che aspetta comodamente il corso degli eventi. Siamo tutti in trincea contro il grande male del Sud».È la risposta ad una polemica mediatica che negli ultimi giorni ha avuto anche rilievo nazionale. In sintesi: prima don Aniello Manganiello, sino a qualche anno fa parroco a Scampia e ora ospite nella diocesi nolana, raccoglie firme per “chiudere” la Festa dei gigli denunciando infiltrazioni camorristiche «di cui mi hanno parlato i cittadini». A seguire la replica del vescovo di Nola, che invita il religioso a non incappare in «generalizzazioni», a sostenere e non distruggere il lavoro di chi si impegna per la legalità anche all’interno della tradizionale festa religiosa nolana, ad evitare «forzose distinzioni tra una Chiesa anti-camorra e una Chiesa indifferente alle questioni sociali».Il messaggio di Depalma è «siamo tutti in frontiera, sacerdoti e laici, non con le parole ma con mille esperienze ordinarie di bene che vanno avanti tra sacrifici e generosità, spesso nella disattenzione dei media e delle istituzioni». Allo stesso tempo, il prelato ha ricordato recenti suoi messaggi in cui ha invitato i camorristi a «pentirsi, altrimenti il giudizio di questa terra, e quello finale di Dio, saranno severissimi». Infine, il vescovo rammenta l’impegno della Chiesa campana e della diocesi di Nola perché la devozione popolare diventi «opportunità di evangelizzazione e riavvicinamento alla fede». Ma non è bastato: la macchina delle semplificazioni mediatiche ha portato la vicenda sin sulle pagine del Corriere della sera, con un articolo di Gian Antonio Stella sulla “fragilità” degli eventi religiosi di fronte alla sete di consenso dei camorristi.Ma oggi Depalma, concludendo le celebrazioni per San Paolino, vuole andare oltre il gioco dei botta e risposta. «Ciascun cristiano – dice il vescovo – e tutte le comunità parrocchiali sono nel cuore delle città per cercare chi rischia di farsi irretire, per sottrarre i giovani alle lusinghe dell’illegalità». Si riferisce all’impegno degli oratori, alla rete formativa assicurata dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti cattolici. E a fianco all’ordinario, spiega Depalma, ci sono progetti specifi contro l’illegalità: il microcredito e l’avviamento al lavoro dei giovani curato da Caritas, la Festa del Vangelo di Pomigliano d’Arco, la banda giovanile di musica popolare di Boscoreale, la rete con le imprese avviata dalla Pastorale giovanile e dagli animatori del progetto Policoro, il servizio di doposcuola gratuito per bambini a rischio presente nelle maggiori città della diocesi.Sforzi messi in campo in una diocesi di 800mila abitanti che presenta l’intera geografia della criminalità campana: si va dalla Torre Annunziata del “martire laico” Giancarlo Siani alla Nola del pizzo, dalla Pomigliano delle dismissioni industriali alla San Giuseppe vesuviano della malavita straniera. «La nostra è una lotta senza quartiere 24 ore su 24 – chiude Depalma –. La portiamo avanti evitando dichiarazioni roboanti, cercando la fedeltà al Vangelo e non bagni di popolarità».
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