venerdì 26 maggio 2023
I familiari dei naufraghi cercati in mare: sono imprigionati a Bengasi da giorni. Fra loro anche 56 bambini, tra cui uno nato durante la traversata. Naufragio in Grecia: tre morti e 12 dispersi
Un barcone come quello scomparso, soccorso nei giorni scorsi dalla Guardia costiera

Un barcone come quello scomparso, soccorso nei giorni scorsi dalla Guardia costiera - Guardia costiera

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Respinti in Libia. Naufraga il sogno di una nuova vita, senza più torture né violenze, per i 500 disperati che per tre giorni hanno tenuto col fiato sospeso le ong impegnate nel Mediterraneo a salvare vite. I 500 migranti spariti nel nulla sarebbero stati respinti in Libia, informa Alarm Phone a metà pomeriggio.

«Secondo i parenti le 500 persone sono state respinte in Libia e ora sono imprigionate a Bengasi. Se vero, è stato un atto criminale di respingimento dal centro delle autorità maltesi. Chiediamo chiarimenti. Chi era responsabile?» scrive in un tweet la Ong, che due giorni fa aveva ricevuto una richiesta di soccorso dal barcone alla deriva che si trovava al largo della Libia e in seguito non era più riuscito a comunicare con le persone a bordo.


Erano spariti nel nulla. Fra le onde del mare, su un barcone in avaria. Dopo 48 ore di ricerca in zona, la nave Life Line della Ong Emergency ha dovuto abbandonare la ricerca di quei 500 migranti partiti diversi giorni fa dalla Libia e segnalati in pericolo lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Fra loro ci sono anche 56 bambini, uno di pochi giorni, nato durante la traversata.

«Resta ancora sconosciuta la sorte delle 500 persone che la nave di Emergency, Life Support, stava andando a soccorrere in acque internazionali, zona maltese di ricerca e soccorso, il 23 maggio scorso. Dopo giorni di ricerca, si fa largo l’ipotesi che le persone siano state riportate in Libia, anche se le autorità libiche hanno finora negato» commenta Emergency.

«La Life Support – spiega la Ong – non ha trovato i resti di un naufragio e le 500 persone non risultano sbarcate in Italia. È difficile credere che nessuna autorità costiera sappia dove si trovano le 500 persone. Già in passato le autorità di Malta avevano commissionato ad una imbarcazione privata un respingimento verso la Libia e non si può escludere che si tratti anche questa volta di un meccanismo simile».

Sono almeno 24.000, ricorda la Ong, «le persone riportate in Libia contro la propria volontà nel 2022 e oltre 5.000 nel 2023».
In Libia, secondo gli ultimi rapporti della Nazioni Unite, le persone migranti sono vittime di crimini contro l’umanità. «I naufraghi che Emergency soccorre, una volta a bordo, denunciano di aver vissuto detenzioni arbitrarie, violenze sessuali e torture perpetrate su base quotidiana nelle carceri ufficiali e non ufficiali libiche».

Al momento della segnalazione, il 23 maggio, l’imbarcazione in pericolo aveva a bordo 500 persone, di cui 56 bambini, tra cui un neonato, e 45 donne, anche incinte. La Life Support ha quindi navigato a tutta velocità e per oltre 30 ore verso il natante, utilizzando la posizione indicata da Alarm Phone, da cui era provenuta la segnalazione. All’arrivo, si erano già perse le tracce e dopo 24 ore di ricerca attiva, e di impossibilità a trovare l’imbarcazione, la nave ha dovuto abbandonare l’area.

«È davvero inaccettabile che siano le Ong e non gli Stati costieri a salvare vite umane nel Mar Mediterraneo – accusa il capo missione della Life Support di Emergency Albert Mayordomo – Abbiamo chiesto a Malta e all’Italia di assumere la responsabilità delle operazioni di soccorso ma hanno rifiutato di condividere qualsiasi informazione». La Life Support ha proseguito fino a giovedì sera le operazioni di ricerca dell’imbarcazione. Anche la Ong Sea Watch, fanno sapere da Emergency, «ha effettuato una ricerca per due giorni consecutivi con il suo aereo, Sea Bird, senza trovare indizi della presenza dell’imbarcazione.

Per questo e visto il meteo in peggioramento la nave è stata costretta spostarsi in un’altra zona, in acque internazionali, verso l’area di ricerca e soccorso libica.

Ma c’è anche un altro dramma in mare: almeno tre persone sono morte e dodici disperse in un naufragio avvenuto questa mattina all’alba di fronte all’isola di Mykonos, in Grecia. Un uomo e due donne sono stati trovati morti dalla guardia costiera greca mentre sono state tratte in salvo due persone. Le operazioni di soccorso sono scattate questa mattina quando la guardia costiera ha avvistato due persone che nuotavano vicino alle coste dell’isola. I due migranti, dopo essere stati salvati, hanno informato le autorità del naufragio e hanno riferito che 17 persone viaggiavano con loro su un’imbarcazione partita dalla Turchia. Secondo le testimonianze, i passeggeri non indossavano i giubbotti salvagente. La maggior parte di loro proveniva dalla Siria. Tra i dispersi ci sarebbero anche 5 donne e una bambina di 7 anni.

Ottantotto migranti sono invece stati tratti in salvo da Humanity1 in acque internazionali. «I migranti – fanno sapere dalla Ong – erano su una barca di legno sovraffollata e inadatta alla navigazione e stava cominciando a piovere. Le persone soccorse erano in mare da tre giorni senza giubbotti di salvataggio e ora sono al sicuro». Alla nave è stato assegnato il porto di Livorno. «È lontana 1.400 chilometri, sono quattro giorni di navigazione – sottolinea la Ong –. I sopravvissuti dicono che c’è un secondo barcone alla deriva, ma le autorità italiane ci fanno tornare indietro». Si tratta infatti di una seconda imbarcazione con 105 persone a bordo in difficoltà nella Sar di Malta. Lo afferma sempre Alarm Phone, riferendo che i migranti sono «senz’acqua da bere e hanno urgente bisogno di soccorso».
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