Nell’epoca degli algoritmi va custodita la dignità di ogni persona

La presenza di papa Francesco sulle piattaforme social, considerate strumenti di promozione sociale, ha segnato una svolta nella comunicazione ecclesiale, rendendola più partecipata, diretta e aperta
May 2, 2025
Nell’epoca degli algoritmi va custodita la dignità di ogni persona
ANSA |
Francesco è stato, sin dall’inizio del suo pontificato, un Papa profondamente immerso nella contemporaneità, capace di leggere i segni dei tempi anche nella loro declinazione digitale. La sua presenza sui social media, attraverso gli account ufficiali @Pontifex su Twitter (poi X) e @Franciscus su Instagram, ha segnato una svolta nella comunicazione ecclesiale, rendendola più diretta, partecipata e aperta, anche grazie al contributo di un’équipe giovane e competente.
Tuttavia, ciò che ha contraddistinto l’approccio di papa Francesco non è tanto l’adozione della tecnologia in sé quanto la costante attenzione all’elemento umano che deve rimanere al centro di ogni trasformazione digitale. Per lui la tecnologia era uno strumento, mai un fine, da utilizzare in modo da servire la persona, valorizzandone la dignità, la relazione, la vulnerabilità e l’unicità.
Il Pontefice argentino ha mostrato grande consapevolezza del potenziale dei nuovi media, non solo come veicoli di evangelizzazione ma anche come strumenti di inclusione e promozione sociale. Attraverso il “Video del Papa”, iniziativa mensile tradotta in oltre venti lingue, Francesco ha espresso intenzioni di preghiera su temi cruciali del nostro tempo, utilizzando un linguaggio adatto ai social network e ai ritmi della comunicazione digitale, senza mai abdicare alla profondità del messaggio cristiano.
Eppure, la sua non è mai stata una narrazione entusiasta e acritica della modernità tecnologica. Al contrario, Francesco ha sovente messo in guardia dai rischi connessi all’uso eccessivo e distorto degli strumenti digitali: «Se trascorriamo più tempo con il cellulare che con le persone, qualcosa non va», ha ammonito in più occasioni, indicando nella perdita del contatto umano uno dei pericoli più gravi dell’era della connessione continua. Particolarmente efficaci i suoi frequenti richiami alle nuove generazioni affinché coltivassero un’alfabetizzazione mediatica in grado di promuovere il discernimento e il pensiero critico. Assai impattanti i suoi allarmi sulla dipendenza dai social e in particolare dallo “scrolling” (scorrimento), definita anche una «putrefazione cerebrale».
Nel videomessaggio per aprile 2025, registrato poco prima del ricovero al Gemelli, il Papa ha ribadito la necessità di «guardarsi più negli occhi» e meno attraverso gli schermi, per riscoprire l’essenza della fraternità e della presenza reciproca. Questa insistenza sulla relazione concreta è parte di una visione più ampia, radicata nella dottrina sociale della Chiesa, che vede nell’essere umano l’unico autentico criterio di giudizio per ogni innovazione.
Non a caso, nel documento del Vaticano Antiqua et nova, la nota del gennaio di quest’anno «sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana» firmata dai dicasteri vaticani per la Dottrina della fede e per la Cultura e l’Educazione, documento che riflette il pensiero di Francesco, si sottolinea che la tecnologia, pur essendo frutto dell’intelligenza che Dio ha donato all’uomo, deve essere orientata al bene comune e non può diventare un privilegio di pochi. L’intelligenza artificiale, in particolare, rappresenta per il Papa una delle grandi sfide etiche del nostro tempo: capace di imitare alcune funzioni dell’intelligenza umana, rischia di disumanizzare i processi se non regolata da criteri di giustizia, equità e solidarietà.
La tecnologia digitale nella visione di Francesco è un terreno di discernimento e di responsabilità. È significativa la sua insistenza sul fatto che dietro ogni schermo ci siano «persone reali che respirano, ridono e piangono». Questa frase, apparentemente semplice, racchiude la radicalità della sua proposta: un umanesimo digitale in cui la tecnologia sia al servizio dell’incontro, non della separazione, capace di unire piuttosto che dividere.
L’eco di queste parole risuona forte anche nelle collaborazioni artistiche e mediatiche della Chiesa, come quella con Coronation Media, lo studio statunitense che produce i video delle intenzioni di preghiera mensili e che condivide l’idea di una tecnologia alleata dell’umanità. Francesco ha sempre invitato a sviluppare una coscienza critica sull’uso delle tecnologie, consapevole dei rischi del cyberbullismo, dell’odio online, delle dipendenze digitali e delle nuove forme di emarginazione che possono sorgere in una società sempre più automatizzata e algoritmica.
Il suo messaggio è quindi duplice: da un lato, l’apertura alla modernità e l’uso innovativo dei nuovi media per annunciare il Vangelo; dall’altro, una vigilanza costante perché il progresso tecnico non diventi un nuovo idolo, né una fonte di ingiustizie.
Nel suo magistero su questo tema Francesco ha ribadito che la tecnica, come ogni altro ambito dell’agire umano, è soggetta alla logica del bene comune e della solidarietà, princìpi che devono guidare ogni scelta progettuale e politica in ambito tecnologico. Se ben indirizzata, la tecnologia può diventare una forza positiva capace di ridurre le disuguaglianze, creare ponti tra le culture, promuovere l’inclusione, valorizzare le diversità. In questa prospettiva, l’insegnamento di Francesco ci richiama a una responsabilità condivisa: ciascuno, nella propria quotidianità, è chiamato a non cedere alla logica dell’indifferenza e della superficialità che spesso i social e le piattaforme digitali possono veicolare.
In definitiva, l’eredità digitale di papa Francesco si può riassumere in un paradosso apparente ma fecondo: un Papa moderno, digitalmente presente e competente, che ci ha esortati però a spegnere lo schermo per riscoprire la verità del volto dell’altro. Un Pontefice che ha creduto nella potenza comunicativa della rete ma ancora di più nella forza trasformativa della relazione autentica.
La sua visione ci consegna un compito esigente ma necessario: restare umani nell’era degli algoritmi, tenere il cuore acceso mentre il mondo si digitalizza, e custodire la dignità di ogni persona, anche nei bit più invisibili della nostra vita connessa.
Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano

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