giovedì 14 aprile 2011
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Pensava di aver fatto un’ipotesi di scuola, di aver espresso un semplice «auspicio». Invece ie­ri importanti giornali stranieri aveva­no un titolo a caratteri cubitali: «Silvio non si ricandida nel 2013, Alfano nuo­vo leader del centro­destra ». E a dare no­biltà alla notizia era­no testate quali il Guardian e il Wall Street Journal. In­consapevoli - o forse sin troppo consape­voli - della baraonda che si sarebbe scate­nata in Italia. Il Pdl, da tempo attraversa­to dalla 'guerra per la successione', è co­stretto a correre ai ripari e a smentire la notizia. Il portavoce di palazzo Chi­gi, Paolo Bonaiuti, dirama una nota per assicurare che il Cavaliere non ha ancora deciso nulla per il futuro. E i capicorrente con ambizioni da leader si affannano ai microfoni per dire che «certo, Angelino è bravo, però...». Per comprendere la vicenda bisogna tornare a martedì notte. Il presidente del Consiglio partecipa ad una miste­riosa cena con alcuni cronisti della stampa estera. Parla a lungo di giusti­zia e calcio. Ma a catalizzare l’atten­zione è quel passaggio su se stesso: «Nel 2013 non penso di ricandidarmi, vedo bene Gianni Letta al Colle e Al­fano candidato premier, se serve posso fare da padre nobile del centrode­stra, magari essere il capolista, ma sen­za ruoli operativi». I giornalisti non scrivono, ma registrano tutto nella mente. E tornati a casa offrono subito la chicca ai loro giornali. In Italia la notizia monta solo ieri se­ra. «È incredibile – commenta il coor­dinatore Pdl Denis Verdini –, da quando è apparsa questa cosa ci sono arrivati tantis­simi fax e mail che chiedono al presiden­te di restare...». È una furbata per frenare la bagarre interna? Bo­naiuti, con una nota ufficiale, derubrica tutto ad «auspicio del premier». Sono smen­tite concordate con il Cavaliere: la confidenza fatta ai com­mensali - che non rispecchia al mo­mento la sua reale intenzione - ha as­sunto una rilevanza globale e fuori controllo. Anche se i fedelissimi ricor­dano che di Alfano come erede desi­gnato si parla da tempo, e anche in pubblico. Il punto è che in questo momento la 'scivolata' rischia di innestarsi nelle fibrillazioni interne al Pdl, nella lotta tra ex An ed ex forzisti, nel braccio di ferro con un altro candidato alla lea­dership, Giulio Tremonti. Insomma, non sembrerebbe esserci periodo me­no indicato per parlare di successione. I passi che il premier farà oggi, infatti, vanno in direzione opposta: ricom- pattare il partito, rassicurare i respon­sabili sul rimpasto, tenere ferma la bar­ra sulle amministrative. Oggi a pran­zo, a questo scopo, incontrerà capi­gruppo e coordinatori. In serata, lea­der e ministri di ogni provenienza po­litica - ma forse senza Berlusconi - si vedranno a cena per gli auguri di Pa­squa. È la strada della pacificazione che deve opporsi alle mille cene riser­vate organizzate dalle varie correnti (ieri si sono visti in due ristoranti di­versi scajoliani e fedelissimi di Mat­teoli). E poi, c’è da dire che la battaglia sulla giustizia non è finita con il processo breve: «Dovete capirlo – ha ribadito il premier nella stessa cena con i croni­sti esteri – in Italia è dal ’92 che una parte della magistratura usa le leggi per ragioni politiche. È una guerra». Una sfogo che diventa una confessio­ne quando ammette che le leggi in di­scussione alle Camere sono una sorta di «legittima difesa» contro una «per­secuzione » di cui ha «paura». E contro questo «cancro» già sono pronti altri purosangue: l’«epocale» riforma co­stituzionale, la responsabilità civile dei giudici, le restrizioni ai poteri del C­sm, le intercettazioni. I numeri per an­dare avanti ci sono. Ma intanto si apre il totopremier.
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