giovedì 23 marzo 2023
Romeo (Lega), Delrio (Pd), Patuanelli (M5s) e Gasparri (Fi), con Alemanno, intorno al tavolo di “Avvocatura in missione”
Gianni Alemanno

Gianni Alemanno - Ansa

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Recuperare il tradizionale ruolo di mediazione dell’Italia, spingendo l’Europa a lavorare per una tregua in Ucraina, che è la strada obbligata per avviare qualsiasi trattativa di pace. Un passo che spetta alla politica, e dunque al Parlamento, magari con una mozione trasversale che chieda al governo un’azione diplomatica forte a livello europeo prima per il cessate il fuoco e poi per la fine definitiva della guerra, “costringendo” le parti a trattare. Intorno al tavolo, in una sala dell’hotel Nazionale nel confronto sul tema Russia-Ucraina: un tavolo per la Pace organizzato da “Avvocatura in missione”, ci sono i rappresentanti dei partiti di maggioranza (tranne Fdi) e dei principali schieramenti di opposizione, Pd e M5s. Dopo il dibattito alle Camere in vista del Consiglio Europeo, in cui il tema della guerra in Ucraina ha fatto intuire distinguo anche nella maggioranza sulla prosecuzione dell’invio di armi a Kiev, è di nuovo il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, a chiarire la sua «preoccupazione». Ribadendo che il suo partito ha votato il sostegno economico all’Ucraina, il senatore del Carroccio chiede alla premier Meloni, «approfittando di questo momento di stallo nel conflitto, la ricerca di una via diplomatica, anche andando dagli altri Stati dell’Ue per chiedere uno sforzo notevole almeno per la tregua».

Un anno fa, insomma, prosegue il ragionamento il deputato dem Graziano Delrio, era comprensibile inviare armi per sostenere il «diritto alla resistenza». L’ex capogruppo del Pd ricorda tuttavia che parlare di pace non vuol dire essere filoputiniani. In questo conflitto nel cuore dell’Europa, aggiunge, oggi «c’è un grande assente sullo scenario mondiale, appunto l’Europa, visto che manca un’iniziativa di pace europea. E su questo tema deve esserci un dialogo trasversale». Con gli stessi toni pacati della tavola rotonda, anche in Parlamento, è il sogno del pentastellato Stefano Patuanelli, «oggi si deve pensare ad un’azione alternativa, cioè lavorare per una tregua e poi far sedere gli attori intorno ad un tavolo». Perché da un anno fa «è cambiato il quadro». Tuttavia, per lui, la fine dell’invio di armi può rappresentare l’unico «elemento di discontinuità» per iniziare a ragionare di pace. Ciò che va evitato, secondo il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (Fi), è «lasciare spazi», che significa consentire che «la Russia si butti nelle braccia della Cina. Spero si torni allo spirito di Pratica di Mare, cioè leali nel posizionamento ma non ottusi nel ragionamento».

Ciò che occorre fare, aggiunge don Stefano Caprio, docente di Storia russa al Pontificio Istituto orientale, è rimettere al centro l’idea di una trattativa di pace, «magari utilizzando la via proposta dal Papa con la Chiesa come mediatore». L’Ucraina, ricorda, è un luogo di confine dell’Ue, «in cui entrano in gioco gli equilibri dell’Europa che deve prendere una posizione ». Collocazione chiara invece quella di Gianni Alemanno, portavoce del comitato “Fermare la guerra”. « È incomprensibile la posizione dell’Italia - dice - che deve chiedere il cessate il fuoco, offrendo la sospensione di invio di armi». Se il Parlamento non agirà in questo senso, conclude, «il Comitato è pronto a raccogliere le firme e aderire al quesito referendario “ripudia la guerra”».

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