sabato 22 gennaio 2011
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Fuori dalla legge e dalla Costituzione c’è solo il caos. Che non conduce da nessuna parte, né alla «verità» né alla «giustizia». E oggi l’Italia sta pagando «il prezzo» della mancanza di dialogo e di riforme. È un nuovo, accorato appello quello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante la «giornata dell’informazione», che si è celebrata al Quirinale. Un appello a 360 gradi, a rientrare nei ranghi, a ritrovare quell’equilibrio e quella serenità che le regole democratiche del nostro Paese possono garantire a tutti. Il presidente ha accuratamente pesato le parole, calibrato l’intervento, ma senza eludere minimamente  l’attualità, caratterizzata da un conflitto senza precedenti tra pezzi delle istituzioni. A chi ha avuto modo di avvicinarlo in questi giorni, il capo dello Stato ha confidato la sua preoccupazione per un quadro politico che pare avvitarsi su se stesso in uno scontro senza uscite. Eppure, sembra dire il presidente, una via d’uscita c’è, ed è quella indicata dalla Costituzione e dalle leggi italiane. Nelle quali «ci sono i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo». Un invito, insomma, a fidarsi dei magistrati e delle norme che li sovrintendono. Fuori da questo quadro, avverte il capo dello Stato, «ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verità e di giustizia». Certo, aggiunge Napolitano, servono riforme della giustizia, anche «radicali» e possibilmente «condivise». Ma per l’immediato occorre «scongiurare ulteriori esasperazioni e tensioni che possono solo aggravare un turbamento largamente avvertito e riconosciuto, e suscitare un effetto di deprimente lontananza dallo sforzo che si richiede per superare le molteplici prove cui la comunità nazionale deve fare fronte». E l’auspicio è che questo invito, generale e generalizzato, a entrare nei ranghi sia accolto«diffusamente da ogni parte, e al di là delle diverse appartenenze politiche». Non manca una nota di rammarico: «Non è questo il luogo – dice ancora Napolitano – per ribadire inviti, argomenti, indicazioni che da anni sto spendendo per sollecitare quell’equilibrio e quel rispetto reciproco che appaiono spesso alterati, con grave danno sia per la politica che per la giustizia. Troppe sollecitazioni sono cadute nel vuoto; troppe occasioni sono state perdute. E oggi ne paghiamo il prezzo». E agli operatori dell’informazione ricorda e fa sue le parole che ha appena pronunciato l’ex presidente della Consulta Riccardo Chieppa sul delicato rapporto giustizia e televisione: serve «un valido equilibrio tra i valori del diritto-dovere dell’informazione e quelli del rispetto della riservatezza delle indagini e della privacy e dignità delle persone"». Il presidente del Schifani raccoglie e amplifica: «Mi auguro fortemente che il Paese, attraversato per ora da forti tensioni, possa superarle attraverso la collaborazione di tutte le istituzioni».
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