sabato 23 ottobre 2010
«Così lo scudo mina l’indipendenza del Colle». La critica alla facoltà data alle Camere di decidere su eventuali processi al presidente della Repubblica. Il Pdl assicura: subito modifiche. Berlusconi: «Non ho mai chiesto leggi per me stesso».
- Fini rincara: basta leggi ad personam
COMMENTA E CONDIVIDI
Suonano le campane a morte per la costituzionalizzazione del Lodo Alfano, lo scudo giudiziario in discussione al Senato per capo dello Stato e premier? Sì, perché ieri il disegno di legge sul quale si stanno arrovellando maggioranza e opposizione, ha subito due attacchi. Da parte proprio delle due alte cariche che la norma dovrebbe tutelare: Silvio Berlusconi e, soprattutto, Giorgio Napolitano. Il presidente del Consiglio, però, ha fatto una considerazione tutta politica («Non sono io che ho chiesto il lodo o le leggi ad personam. Sono i miei alleati che se ne fanno promotori a mio favore, ricorrendo agli strumenti legali della democrazia»), peraltro confermando la necessità dello scudo di fronte agli «attacchi eversivi» di «una corrente» della magistratura; mentre un diverso tipo di obiezione, di delicata natura costituzionale, arriva dal Quirinale. Che ha inviato al presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini - e per conoscenza ai presidenti delle Camere - una lettera, annunciando «profonda perplessità» su alcune questioni che toccano da vicino i poteri e le prerogative del capo dello Stato. Nella lettera a Vizzini, Napolitano premette che è da sempre sua intenzione «rimanere estraneo nel corso dell’esame al merito di decisioni delle Camere, specialmente allorché - come in questo caso - riguardino proposte d’iniziativa parlamentare e di natura costituzionale». Ma, aggiunge, di non poter «fare a meno di rilevare che la decisione assunta dalla Commissione da lei presieduta incide, al di là della mia persona, sullo status complessivo del Presidente della Repubblica riducendone l’indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni». La parte che Napolitano contesta riguarda la possibilità che le Camere, a maggioranza semplice, decidano di estendere lo scudo giudiziario a quel premier che traslochi da Palazzo Chigi al Quirinale. Per Napolitano questa norma «contrasta con la normativa vigente risultante dall’articolo 90 della Costituzione e da una costante prassi costituzionale» e «appare viziata da palese irragionevolezza». In sostanza, la Costituzione prevede attualmente l’irresponsabilità del presidente della Repubblica, tranne che per alto tradimento e per attentato alla Costituzione. Napolitano segnala che far decidere alle Camere, per giunta a maggioranza semplice, se il capo dello Stato può essere processato o no per reati di varia natura, ne limiterebbe di molto il ruolo, limitandone la necessaria indipendenza. Il Pdl accusa il colpo e promette modifiche: «Le osservazioni di Napolitano non rimarranno indifferenti per il nostro gruppo parlamentare», dicono in coro Gasparri e Quagliariello. Ma per le opposizioni (Pd, Idv e Udc), a questo punto, sarebbe meglio ritirare l’intero provvedimento.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: