domenica 24 aprile 2011
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Parla in inglese il presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha davanti la stampa estera, alla quale confida le preoccupazioni di questo tempo. Guarda oltre i confini della Penisola, ma ha la mente alla campagna elettorale infuocata, che sta incendiando gli animi della politica italiana. Lo fa indirettamente e lascia che venga tradotto il suo pensiero: in Italia si registra un eccesso di partigianeria.Strattonato da una parte e dall’altra, il presidente della Repubblica ricorda l’articolo 87 della Costituzione, che fa della prima carica istituzionale il rappresentante dell’unità nazionale. Dunque, spiega, «penso che non ci sia per i politici italiani motivo di ingelosirsi, perché viaggiamo su pianeti diversi, non ci sono comparazioni possibili, che non siano invece arbitrarie». Il ruolo del capo dello Stato è «completamente diverso da quello dei leader politici». E, aggiunge, «lo posso dire da politico ritiratosi da tempo da ogni posizione di parte». Per lo stesso motivo, insiste, il presidente della Repubblica «cerca di mettere sempre l’accento, di porre sempre in evidenza quel che unisce gli italiani rispetto a quel che divide».E sarebbe bene che lo facessero pure i politici, azzarda Napolitano, convinto che ormai il Paese pecchi di partigianeria. Il capo dello Stato riutilizza quindi un termine americano, l’«hyperpartisanship», ad indicare l’eccessivo uso di toni alti, di accuse reciproche spesso non suffragate dai fatti che affliggono la politica nazionale.Nell’udienza a porte chiuse, l’inquilino del Quirinale mette insieme due fenomeni apparentemente contrapposti che vive l’Italia. Da una parte la politica gridata, che ha caratterizzato, tra l’altro, l’intera campagna per le amministrative. Dall’altra, in pieno apparente contrasto, il successo dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità del Paese. «Il risultato dei festeggiamenti – analizza – per i 150 anni dell’Unità d’Italia è stato ben al di sopra delle attese». Questo perché, secondo la spiegazione del Colle, le celebrazioni sono state avvertite come proprie da tutte le componenti della società italiana, indipendentemente dal credo politico, l’estrazione sociale, l’età. Ma un’altra preoccupazione per Napolitano è quel vento antieuropeista che spira trasversalmente e che, spiega il presidente della Repubblica secondo quanto riferito da Tobias Piller, presidente della stampa estera che guidava il gruppo ricevuto al Colle, si avverte anche in un Paese tradizionalmente europeista come l’Italia. «Non è solo un problema italiano», precisa il capo dello Stato, per il quale però «ripiegarsi su se stessi è sempre una cosa grave», come grave è l’assenza di un impegno europeista «proprio quando l’Europa deve svolgere un ruolo di attore globale nel quadro internazionale».In Francia, continua, si usa una «bellissima parola, repli, per indicare il ripiegarsi su se stessi. Io temo che questa sia effettivamente una sindrome grave di classi dirigenti, non soltanto di talune nuove formazioni politiche , perché questo significa talvolta perdere il senso di un impegno comune, di un impegno condiviso come quello che deve caratterizzare la grande impresa della costruzione europea». Ma, prosegue il ragionamento del capo dello Stato, «prima ci liberiamo di illusioni e prima ci decidiamo a fare l’opera di chiarificazione necessaria per evitare che attecchiscano illusioni di autosufficienza o illusioni di ritorno a non si sa quale mitico passato, meglio è».
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