venerdì 7 ottobre 2011
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«Un governo di tregua? Quando Einaudi incaricò Pella quell’esperienza non durò a lungo ma servì». Giorgio Napolitano ricorda il governo Pella, che interruppe la fase degasperiana e consentì di raffreddare le tensioni interne alla Dc di allora e i contrasti con gli altri partiti. Una vicenda di 50 anni fa, ormai, ma che Napolitano (allora giovane deputato del Pci) conosce bene. E così questa sua riflessione storiografica, oggi che al Quirinale c’è lui al posto di Einaudi, può essere letta in modo inequivocabile: se la maggioranza dovesse venir meno non è da escludere l’ipotesi di un incarico a un personaggio "di area" autorevole, ma non di prima grandezza sul piano politico, per dar vita a una fase di decantazione.Il presidente della Repubblica parla da Biella, prima tappa di una tre-giorni in Piemonte e Val d’Aosta che poi nel pomeriggio lo ha portato nel capoluogo della Vallée. Trova anche nella cittadina tessile la solita accoglienza calorosa, che gli ispira una riflessione agro-dolce, a braccio: «Ringrazio tutti voi e in particolare quel mare di bambini che mi ha accolto in modo gioioso e che dà anche a me la fiducia necessaria per svolgere il mio mandato in condizioni difficili giorno per giorno». Napolitano insiste: «Di tutto ha bisogno l’Italia fuorché di essere divisa da pregiudizi e contrapposizioni che non portano da nessuna parte - dice sopraffatto dagli applausi, prendendo spunto dalla tragedia di Barletta -. Ha bisogno di coesione e di unità non formale». E per vincere la sfida «occorrono spirito di sacrificio e slancio creativo per ricollocare l’Italia in un mondo così cambiato».A Biella, che definisce «cuore pulsante dell’industria tessile italiana», il capo dello Stato tributa «riconoscenza per le aziende che si sono affermate a livello mondiale. Il Made in Italy - aggiunge - deve avere per perno l’industria manifatturiera, è irrinunciabile», ma evoca anche l’atavico ritardo del Mezzogiorno, tornando a ribadire che «l’Italia deve crescere insieme o non cresce abbastanza».«Spero che mi possiate arruolare con una tessera speciale tra i tessitori dell’unità dell’Italia», ironizza il presidente alludendo alla vocazione industriale di Biella. Ma il tema dell’unità nel federalismo diventa il leit motiv del successivo appuntamento, al Consiglio regionale valdostano. «La strada verso il federalismo richiede grande serietà ed equilibrio, non proclami». Nessun riferimento esplicito, in questa seconda tappa della sua nuova visita per celebrare il 150esimo dell’unità d’Italia, al tema della secessione, ma la evoca lo stesso in maniera chiara quando ripete, parola per parola, le frasi usate per stroncare l’uscita di Umberto Bossi a Venezia: «Occorre respingere - dice di nuovo - le tentazioni che ci porterebbero fuori della storia e della realtà del mondo d’oggi, guai a contrapporre - insiste - una parte del Paese all’altra, guai a contrapporre un’idea di autonomia anche di ispirazione federalistica all’esigenza di unità nazionale italiana in questa fase storica entro il più ampio quadro dell’unità europea». Napolitano indica l’esempio della Valle d’Aosta come regione con una forte identità autonomista e al stesso tempo con attaccamento allo Stato nazionale unitario. Rilancia il federalismo «il dovere costituzionale di attuazione del nuovo titolo quinto, l’essenziale è fare con grande serietà il pezzo di strada che c’è ancora da fare». Servono, conclude il capo dello Stato «ponderazione ed equilibrio, non proclamazione - ripete - e quindi una cura molto seria dei dettagli attuativi».Nel corso della sua visita a Biella, Napolitano, davanti a istituzioni locali e imprenditori, aveva anche voluto dare atto nuovamente alla Chiesa del ruolo che ha svolto e svolge per il bene e l’unità del Paese: «Tra le forze che operano per la coesione e per il rinnovamento etico - aveva detto - c’è la Chiesa cattolica, con tutte le sue associazioni e le sue ramificazioni ed io voglio rendere omaggio innanzitutto al Papa Benedetto XVI per il suo contributo che viene per la causa dell’Unità d’Italia».
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