venerdì 29 novembre 2013
Dopo l’incontro con una nutrita pattuglia di Fi, il capo dello Stato concorda sulla richiesta di un passaggio formale in Parlamento, dopo l’uscita dei forzisti dalle larghe intese. Sarà necessario un voto di fiducia? Fra le fonti vicine al governo, c’è chi non lo ritiene «improbabile» e chi invece lo esclude.
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«Signor presidente, è evidente come l’esecutivo guidato dal premier Enrico Letta non sia più quello delle larghe intese originarie. Così, alla luce della nuova maggioranza determinatasi in questi giorni, le rappresentiamo la necessità di aprire formalmente una crisi di governo, con le dimissioni del presidente del Consiglio, Enrico Letta, nelle mani del capo dello Stato, per affrontare in Parlamento la nuova situazione...». Sono le 18,30 e al Quirinale sta per concludersi il colloquio fra il capo dello Stato Giorgio Napolitano e una delegazione di parlamentari della nuova Forza Italia, guidata dai due capigruppo alla Camera e al Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani, che hanno chiesto l’incontro per «affrontare il delicato momento» dopo la decadenza del Cavaliere e la fuoriuscita dei forzisti dalla maggioranza. Insieme a Brunetta e Romani, ci sono Maurizio Gasparri, Simone Baldelli, Anna Maria Bernini, Mariastella Gelmini, Nitto Francesco Palma, Altero Matteoli, Elio Vito e Giancarlo Galan. La richiesta della nutrita pattuglia forzista viene ascoltata dal capo dello Stato, in una conversazione dai toni pacati che dura una novantina di minuti. Napolitano rassicura la delegazione: ci sarà un passaggio parlamentare che segni la discontinuità politica tra il governo delle larghe intese e quello che ha ricevuto la fiducia sulle legge di Stabilità. A confermarlo è, a incontro concluso, l’ufficio stampa del Quirinale, specificando tuttavia che le forme e i tempi di tale passaggio saranno oggetto di una successiva consultazione del presidente della Repubblica col presidente del Consiglio. Più tardi, fonti di Palazzo Chigi confermano la «piena sintonia col Colle»: il passaggio parlamentare «ci sarà e costituirà una occasione per rafforzare ulteriormente il governo e la sua legittimità, peraltro ponendosi in linea col voto, ampio, di fiducia sulla legge di stabilità». Il premier non è affatto restio all’esigenza di riperimetrare «formalmente» i confini della maggioranza, colmando nel frattempo i vuoti aperti nell’esecutivo dagli aderenti a Forza Italia. Non solo: così facendo si verrebbe incontro anche alle richieste del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, che vorrebbe dopo l’8 dicembre un «nuovo patto programmatico» di governo. Letta, ieri a Vilnius, salirà al Colle lunedì pomeriggio, per concordare con Napolitano il percorso dell’ulteriore verifica. Servirà un voto di fiducia? Fra le fonti di governo c’è chi lo esclude e chi invece non lo ritiene improbabile.A Forza Italia, intanto, il capo dello Stato avrebbe chiesto di tenere un atteggiamento collaborativo su due obiettivi centrali: le riforme istituzionali, a iniziare dalla legge elettorale, e i provvedimenti per superare l’emergenza del sovraffollamento carcerario. Nessuna chiusura da parte dei forzisti, che però hanno anche rinnovato il cahiers de doléances già intonato dal Cavaliere: il pronunciamento del Senato, hanno ripetuto al Capo dello Stato, è stato «l’atto finale di un percorso viziato da gravissime forzature procedurali e regolamentari», in particolare «dall’aberrante decisione» sullo scrutinio palese. Una batosta che non pare aver fiaccato il Cavaliere, ieri arroccato coi familiari nella villa di Arcore e in serata lieto di aver "incassato" l’apertura di una crisi formale: preparatevi a tutto, avrebbe ripetuto ai suoi colonnelli, anche a elezioni in primavera. In quel caso, è la sua ferma convinzione, i voti moderati andranno a Forza Italia.
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