sabato 29 gennaio 2011
Coinvolti Marta Di Gennaro (Protezione civile, ex braccio destro di Bertolaso) e l’ex commissario Catenacci. Indagato anche Bassolino. Per l’accusa le persone finite in manette sapevano che il liquido inquinante finiva nelle acque tra Napoli e Caserta. Pesanti i reati contestati: associazione a delinquere, truffa e reati ambientali. Nei guai anche Muscazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente nominato nei giorni scorsi commissario in Abruzzo per il rischio idrogeologico.
- C'è un mare di percolato nel cuore del disastro Campania di Antonio M. Mira
COMMENTA E CONDIVIDI
Si apre un nuovo capitolo giu­diziario e si fa nuova luce sul­la passata gestione dell’emer­genza rifiuti in Campania. Percola­to, il liquido inquinante prodotto dalle discariche di rifiuti solidi urba­ni, è stato sversato per anni in mare, nel lungo tratto di costa da Caserta a Napoli. È quanto ha scoperto la Procura di Napoli, un’indagine sfo­ciata ieri nell’operazione effettuata in varie zone d’Italia dai carabinieri del Noe (nucleo operativo ecologi­co) e dalla Guardia di finanza di Na­poli e che ha condotto 14 persone in carcere con le accuse di associazio­ne per delinquere, truffa e reati ambientali. Tra gli arrestati Marta Di Gennaro, ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione civile, il prefetto Cor­rado Catenacci, ex commissario ai rifiuti in Campania, e Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente e commis­sario in Abruzzo per la gestione di 40 milioni di euro finalizzati a interventi per far fronte al rischio idrogeologi­co. La nomina dell’ingegnere - di competenza ministeriale - era stata comunicata lunedì scorso dal presi­dente della Regione, Gianni Chiodi, nella presentazione dell’accordo di programma quadro tra il ministero dell’Ambiente e la Regione relativo al rischio idrogeologico. Ai tre è stato concesso il beneficio degli arresti do­miciliari. Sono invece finiti in carce­re, fra gli altri, Lionello Serva, ex sub­commissario per i rifiuti della Re­gione Campania, Claudio Di Biasio, ex sub-commissario tecnico degli impianti del Commissariato, Generoso Schiavone, responsabile della gestione acque per i depuratori del­la Regione Campania, e Mario Lu­pacchini, dirigente del settore Eco­logia della Regione. Complessiva­mente sono 38 le persone indagate, tutte legate alla gestione commissa­riale dell’emergenza rifiuti. Tra loro ci sono anche l’ ex presidente della Regione Antonio Bassolino, l’ex as­sessore regionale Luigi Nocera e l’ex capo della segreteria politica di Bas­solino, Gianfranco Nappi.Secondo la Procura esisteva un ac­cordo illecito tra pubblici funziona­ri e gestori di impianti di depurazio­ne campani che ha consentito, ne­gli anni dal 2006 al 2008, lo sversa­mento in mare del percolato non trattato, in violazione delle norme a tutela dell’ambiente, ma con grande risparmio per il Commissariato sui costi di smaltimento. L’indagine, du­rata fino al luglio 2010, è relativa a u­na vicenda iniziata nel 2006, e pro­seguita fino al dicembre 2009 dopo la risoluzione del contratto con la As­sociazione temporanea di impresa Impregilo-Fibe-Fisia. Uno dei filoni dell’inchiesta parte dall’impianto di Villaricca: il sito immortalato nelle foto shock diffuse da Giovanni Parascandola Ladonea, appuntato dei carabinieri particolarmente inviso a Marta Di Gennaro e Guido Bertola­so. Ladonea aveva fotografato la massa liquida del percolato che schizzava in aria: una sorta di im­mondo geyser. Da quelle immagini è nata l’indagine sullo smaltimento illegale del percolato, come ha pre­cisato in conferenza stampa Gio­vanni Ravitti consulente della Pro­cura per la precedente inchiesta “Rompiballe”, conclusa nel maggio 2008 e che aveva portato all’arresto di 25 indagati per traffico illecito di rifiuti. Per gli inquirenti erano tutti consapevoli di quanto accadeva. In particolare Marta Di Gennaro «non solo era informata sulla cattiva qua­lità del percolato ma anche delle conseguenze che avrebbe avuto sul funzionamento degli impianti di de­purazione » ed ebbe un ruolo attivo nell’illecita gestione del suo smalti­mento. La Di Gennaro sapeva che tutto ciò che usciva dagli impianti di trattamento rifiuti della regione «è munnezza, punto e basta». L’unica cosa importante era far sparire il per­colato, e in fretta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: