sabato 21 maggio 2011
Emergenza spazzatura, criminalità, responsabilità civica, speranze di futuro. Parla l’arcivescovo della metropoli campana e incoraggia a guardare avanti nel segno del rinnovamento delle coscienze. Il cardinale: vedo una città sofferente, non avvilita.
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Poco più di tre anni fa il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, vedendo nella spazzatura il sintomo di un malessere più profondo, esortò tutti alla preghiera «perché nessuno può chiamarsi fuori dallo scempio di una città mai così umiliata e mai così in pericolo». Ancora qualche giorno fa il cardinale ha richiamato all’azione al bene comune amministratori e cittadini perché sia restituita a Napoli la bellezza e ai napoletani la dignità. «È triste ammetterlo – afferma ora – ma, purtroppo, il dato oggettivo è proprio questo, anche se, dopo la grave crisi di due anni fa, sembrava ci fosse stata una nuova e diversa presa di coscienza che avrebbe dovuto portare a strutture opportune per soluzioni radicali, partendo da un forte impulso alla raccolta differenziata, presupposto indispensabile per rendere gestibile il grave fenomeno dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani».Convivere con i rifiuti. Come può aver influito sullo sviluppo morale e sul senso civico di tanti ragazzi?Lo scempio ambientale determinato dalla presenza nelle strade di immensi cumuli di rifiuti, l’immagine e l’esempio offerti non hanno costituito un buon presupposto formativo. Per fortuna i nostri giovani sono tanto intelligenti e maturi da non speculare sulle inefficienze e sui comportamenti incivili degli adulti. Crede che i suoi tanti appelli alla "pulizia" esteriore della città come riflesso di quella interiore, siano caduti nel vuoto?Purtroppo la realtà è sotto gli occhi di tutti, per cui bisogna ammettere che le considerazioni fatte alcuni anni fa e le ragioni di quell’appello restano assolutamente immutate e valide. Circa la "pulizia" interiore penso che si possa parlare di una maggiore presa di coscienza da parte della cittadinanza che, al di là del disagio e della mortificazione, ha manifestato senso di responsabilità e tolleranza civica. Il "Rialzati, Napoli!" di allora ha ancora possibilità di essere ascoltato e messo in praticaL’entusiasmo che vedo intorno al Giubileo e le adesioni che riscontro da parte di tanti cittadini ed esponenti delle varie componenti della società per fare rete e aiutare la città ad uscire dal buio e dalle difficoltà, mi dicono che il cambiamento è possibile perché sentito e cercato. Napoli non si piega sotto il peso dei ritardi e delle crisi ricorrenti.Il "rifiuto", inteso come spazzatura impossibile da eliminare è anche il "rifiuto", inteso come un "no" alle regole, civili e morali?Penso non sia giusto stabilire questa relazione. Nel primo caso, i cittadini, al di là della scorrettezza di alcuni, sono protagonisti passivi in quanto pagano un’inadeguata gestione del sistema. Nel secondo caso, a fronte di una stragrande parte della comunità, vi è un manipolo di facinorosi, prepotenti e delinquenti che offendono la città e l’intera popolazione mettendosi al di fuori e contro la legge.Parliamo di camorra e criminalità organizzata. La Chiesa non tace e invita alla conversione.Certo, la Chiesa di Napoli ha sempre espresso una posizione netta di contrasto e di condanna di ogni comportamento criminale, di ogni attacco alla sicurezza e alla vita delle persone, di ogni offesa alla libertà e alla dignità dell’uomo. C’è una ben precisa presa di distanza, ma c’è anche l’impegno pastorale volto al recupero di quanti vivono contro la legge di Dio e la legge dello Stato, invitandoli e guidandoli sulla strada della rivisitazione della propria vita e del pentimento.Una delle tante emergenze di Napoli è quella giovanile, in particolare adolescenziale.Per fortuna non c’è una vera emergenza giovanile, perché abbiamo giovani che, in larga maggioranza, sono attenti e responsabili. Certamente non mancano fenomeni di bullismo e di delinquenza giovanile, ma rappresentano ben poco rispetto alla generalità. Si avverte, per questo, un’emergenza educativa e la Chiesa di Napoli è fortemente impegnata su questo fronte, avendo posto al centro del proprio piano pastorale la famiglia e la scuola.Qualcuno parla di svilimento di Napoli, eppure in città non mancano persone che hanno esigenze, richieste, idee e progetti, voglia di fare e di essere ascoltate.Sì, vedo una città sofferente, ma non piegata e avvilita. Vedo tanta voglia di cambiamento e di riscatto, tanta energia e tanta ricchezza umana, professionale, imprenditoriale, progettuale.La mancanza di attenzione verso chi soffre non rischia di intaccare quella ricchezza ideale di Napoli che l’ha fatta grande?Napoli è una città dal grande cuore, che storicamente l’ha portata ad aprirsi agli altri, ad accogliere lo straniero, ad aiutare i più deboli. Forme di solidarietà umana e di carità cristiana costituiscono una costante nel comportamento dei napoletani, come ho potuto constatare io stesso nelle mie iniziative in favore dei bambini e delle persone bisognose che ho potuto realizzare proprio grazie alla generosità e disponibilità della gente di Napoli.Con il Giubileo per Napoli lei affronta temi scottanti come lavoro, legalità, giustizia, recupero di valori umani e sociali. Cosa può lasciare di concreto?Il Giubileo per Napoli è stato indetto soprattutto per risvegliare le coscienze e chiamare tutti gli uomini di buona volontà a un atto di responsabilità e di impegno per realizzare il bene comune. In questo senso stiamo raccogliendo esempi e risultati entusiasmanti.Si può immaginare che tutto quanto sporca Napoli, in senso reale e metaforico, possa essere presto rimosso per aprire nuovi spazi alla speranza?Il Giubileo, per quello che sta offrendo, mi induce ad andare oltre la speranza e a farmi vedere il profilo di una città degna della propria tradizione e della propria storia, assolutamente competitiva sulla scena internazionale.Da dove ripartire?Dal lavoro e dai giovani che richiedono risposte chiare e concrete. Ma sento di rivolgere a tutti un invito forte a non avvilirsi e a mettere in gioco le proprie idee e le proprie capacità, nel segno dell’appartenenza alla stessa terra e di un futuro che arriverà se tutti incominciamo a costruirlo già da oggi.
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