mercoledì 27 settembre 2023
Oggi il via libera alle nuove previsioni. Pil visto in frenata (0,8% nel 2023 e 1% nel 2024). Il differenziale dei titoli di Stato sale a 193
Il ministro dell'Economia Giorgetti e il presidente dell'Abi Patuanelli alla cerimonia per Napolitano

Il ministro dell'Economia Giorgetti e il presidente dell'Abi Patuanelli alla cerimonia per Napolitano - Ansa

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Meno crescita e più deficit nelle nuove previsioni economiche del governo. La revisione dei dati è contenuta nella Nadef (Nota di aggiornamento al Def) che il Consiglio dei ministri approverà oggi. Secondo le indiscrezioni della vigilia, il Pil quest’anno sarà indicato al +0,8% invece del +1% previsto ad aprile. Frenata che proseguirà l’anno prossimo con un +1% invece dell’1,4%. Un rallentamento che impatta sui conti pubblici e riduce i già esigui margini di intervento per la manovra 2024 proprio mentre dai mercati arrivano segnali poco rassicuranti. Ieri lo spread tra i Btp italiani e Bund tedeschi è arrivato a 193 punti, ai massimi dallo scorso marzo, e il rendimento dei Btp è salito al 4,73%, ai livelli di fine 2022. Giù anche la Borsa di Milano, la peggiore in Europa con un -1%. A pesare su tutto il Vecchio Continente è il clima di preoccupazione per il mantenimento di tassi elevati per lungo tempo da parte della Bce, il calo della fiducia delle imprese in Germania e i dati macroeconomici statunitensi inferiori alle previsioni. Ma è significativo che questi timori abbiano penalizzato soprattutto i titoli di Stato italiani, con le banche che a Piazza Affari hanno fatto segnare i ribassi più evidenti, quando il governo si appresta a rivedere al rialzo l’indebitamento.

L’attesa maggiore oggi è proprio per i dati sul deficit. Nei mesi scorsi il governo aveva preventivato di portarlo nel 2024 al 3,7% rispetto al 3,5% tendenziale (cioè il livello che si otterrebbe senza nuove misure). In questo modo poteva contare su 4-4,5 miliardi da utilizzare nella legge di bilancio. Ma il surplus è stato spazzato via dal rallentamento economico in corso: sul Pil del secondo trimestre è piombato il segno meno (-0,4%) e la Commissione Ue ha tagliato le stime sul Pil per quest’anno (+0,9%) e il prossimo (+0,8%). Il rialzo dei tassi della Bce, che aumenta il costo del debito pubblico, i ritardi nell’attuazione del Pnrr e la “mina” superbonus pesano sulla crescita e sui conti. Per tener fede ad almeno una parte delle promesse nella legge di bilancio il governo ha ora la necessità di alzare la soglia del deficit previsto ad aprile: nella Nadef potrebbe essere portato al 4% o forse oltre. Determinante sarà soprattutto lo scarto tra il deficit programmatico e quello tendenziale, cifra che indica le risorse che il governo potrà impegnare nel corso del prossimo anno. Un disavanzo aggiuntivo di 0,4-0,5 punti assicurerebbe risorse per 8-10 miliardi.

Ma per il governo c’è anche un obbligo di prudenza, di cui è soprattutto il Mef a farsi portavoce. Perché da un lato la traiettoria dei conti pubblici dovrà essere concordata con la Ue, con il Patto di Stabilità che torna in vigore dal prossimo anno (sulle nuove regole è in corso una difficile trattativa tra i Paesi Ue). Dall’altro lato c’è appunto il vincolo rappresentato dai mercati finanziari. Fiammata di ieri a parte, lo spread italiano si è mantenuto moderato e stabile nell’anno di governo Meloni, benchè resti quasi il doppio di quello spagnolo e circa 40 punti sopra quello della Grecia. Ma con la frenata della crescita e il deficit che sale l’umore di mercati potrebbe cambiare.

Ieri intanto Eurostat ha sciolto la riserva sulla contabilizzazione del Superbonus: i crediti fiscali attivati quest’anno vanno calcolati tutti sul 2023. Il deficit schizzerà così dal 4,5% al 5,5-6%. Ma paradossalmente questa è un boccata d’ossigeno per il governo, perché l’anno in corso è ancora “libero” dalle regole Ue mentre non ci saranno ricadute sui deficit dei prossimi anni.

Osservato speciale è anche l’andamento del debito pubblico, su cui pesa l'effetto della stretta sui tassi e le spese per lo stesso Superbonus.

Il varo della Nadef è il punto di partenza per la costruzione della legge di bilancio 2024, attesa in Parlamento per la seconda metà di ottobre. Una manovra più piccola rispetto agli anni passati: tra i 20 e i 25 miliardi. Tutto dipende dall’esito della caccia alle risorse. Oltre al deficit c’è la tassa sugli extraprofitti delle banche (incasso di 1,5-2,2 miliardi, secondo le stime) mentre la possibilità di una nuova gara per assegnare la gestione del Lotto che potrebbe far arrivare in cassa fino a 800 milioni. La potatura delle tax expenditure potrebbe garantire risorse fino ad 1 miliardo, mentre si parla dell’ennesimo condono, stavolta edilizio. Pochi fondi dalla spending review: garantirà 300 milioni. C’è poi da valutare la sorte di plastic e sugar tax, introdotte nel 2019 ma mai applicate. Quanto alle misure, è sicura la proroga del taglio del cuneo fiscale (costa 10 miliardi) e ci sarà qualcosa per la natalità. Per il resto è meglio attendere.

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