
Giorgia Meloni con Elon Musk - ANSA
Stupisce che la premier Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa d’inizio anno di giovedì 9 gennaio, si sia mostrata sorpresa per l'insistenza dei giornalisti su Elon Musk e sui suoi rapporti con l'attuale esecutivo italiano. Il contratto con SpaceX per la fornitura all’Italia del suo sistema di comunicazioni satellitari Starlink non esiste (o ancora non esiste), ha assicurato Meloni, e tutti siamo tenuti a crederle e a prenderne atto. A tratti però – non è la prima volta - il profilo istituzionale della presidente del Consiglio è sembrato trasformarsi in risentimento personale: «Il problema con Space X è che è privato o che è Musk? Perché io non faccio favori agli amici, ma non accetto nemmeno che a una persona che ha buoni rapporti con me venga attaccata una lettera scarlatta...», ha detto nel corso della conferenza stampa.
Va osservato allora che certo, Musk è un imprenditore privato, ma è anche tante altre cose, tipo probabile ministro dell’amministrazione Trump di imminente varo, uomo più ricco del mondo con un patrimonio personale superiore ai 400 miliardi (roba da far impallidire lo stesso Donald Trump), proprietario di X, il social utilizzato moltissimo per “icsare” (?) sulle questioni politiche di tutto il mondo. Un social di cui egli stesso si serve per diffondere la sua "verità" sui partiti, sui politici e sui governi che gli piacciono e su quelli che non gli piacciono, da una posizione che definire privilegiata è un eufemismo. Non è assolutamente irragionevole, perciò, chiedersi se sia il caso di affidare a una sua società, per quanto indubbiamente all’avanguardia, la protezione delle comunicazioni del nostro Paese, a prescindere dai rapporti personali con Meloni.
Anzi, sarebbe preoccupante se nessuno si ponesse questo problema. Ha pienamente ragione la presidente quando sottolinea che stiamo parlando di«un tema di sicurezza nazionale». Ricordiamo che in un passato non così lontano un altro premier, Matteo Renzi, dovette rinunciare a un progetto simile che avrebbe voluto affidare a Marco Carrai. E, non ce ne voglia quest’ultimo, Carrai non è Musk. Perciò liquidare l’intero dibattito con «Musk non è il primo ricco che esprime opinioni», come ha fatto Meloni, appare davvero troppo riduttivo.
Così come ribaltare l’accusa di essere un rischio per la democrazia soltanto su un altro, anziano miliardario, George Soros (per inciso, anche lui impallidisce di fronte alle sostanze di Musk), può dare l’impressione di proiettare la leader di Fratelli d’Italia indietro nel tempo. Il tempo delle foto davanti al cartello d’ingresso di Bibbiano o davanti ai distributori di carburante per chiedere il taglio delle accise. E questo proprio in un momento in cui tutti tutti le riconoscono il merito dell’operazione che ha riportato la giornalista Cecilia Sala a casa dalle prigioni iraniane.