sabato 10 giugno 2017
Morto lo storico esponente del Pri. La sua legge provocò le dimissioni di cinque ministri del governo Andreotti, tra questi anche Sergio Mattarella.
Addio a Oscar Mammì, con lui cambiò la Tv italiana
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Oscar Mammì, storico esponente del Partito Repubblicano Italiano e ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni dal 1987 al 1991, è morto questa mattina dopo una lunga malattia. A renderlo noto la famiglia dell'ex parlamentare.

Mammì aveva 90 anni ed è ricordato soprattutto per la prima legge organica sull'emittenza radiotelevisiva (di cui fu primo firmatario). Il provvedimento, "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato" (ancora conosciuto come legge Mammì), fu il primo tentativo di recepire la direttiva europea 552 del 1989, conosciuta come “Televisione senza frontiere“. La norma disponeva il "preminente interesse generale" come condizione necessaria per la diffusione di programmi televisivi e faceva riferimento al pluralismo dell'informazione sancendo la divisione fra reti pubbliche e reti private, ma non pose rimedio al problema del monopolio delle reti Fininvest.

Su quella legge (molto contestata per l'implicito aiuto alle reti Fininvest) l'allora governo del presidente del consiglio Andreotti, alla guida dell'esecutivo per la sesta volta, pose la fiducia. Circostanza che portò alle dimissioni di Sergio Mattarella, ministro della Pubblica Istruzione all'epoca dei fatti, e di altri importanti mmebri del governo Dc: Martinazzoli, Misasi, Mannino e Fracanzani.

Dopo la laurea in economia e commercio, Mammì coltivò la passione politica nelle fila del Partito Repubblicano Italiano. Divenne sottosegretario all'industria e commercio nel II governo Rumor e nel governo Colombo. Rieletto fino al 1992 fu ministro per i Rapporti con il Parlamento nel I e II governo Craxi, ministro per le Poste e Telecomunicazioni nei governi Goria, De Mita e nel VI governo Andreotti.

Nel 2005 a 78 anni compiuti debuttò come attore nella fiction di Rai Tre, "Walter e Giada. I migliori anni della nostra vita", ispirata al romanzo "I promessi sposi", portando sulle scene anche la sua grande passione per il gioco dello scopone scientifico. «Mi sono divertito moltissimo. L'Innominato - confidò all'epoca - è la rappresentazione del potere, che ha caratteristiche uguali nel tempo. Il potere è sempre quello, è cambiata certo, e in peggio, la nostra democrazia: un tempo si lavorava per costruire il consenso, ora si cerca di sapere dove va il vento e lo si segue».

«Un buon oratore e un abile ministro. Era forte a Roma, dove ha fatto anche l'assessore. Rappresentava quella vecchia tradizione popolare repubblicana radicata a Roma e nei Castelli. Lo ricordo con molto affetto» è il pensiero di Giorgio La Malfa che lavoro con lui per tutta la sua carriera.

«Uomo poliedrico, politico arguto, rappresentante istituzionale operoso» è invece il commento di Massimiliano Padula, presidente dell'Aiart (l'associazione dei telespettatori), secondo cui, però, «la norma di cui Mammì fu primo firmatario – spiega Padula – ha certamente rappresentato uno spartiacque e ha trasformato radicalmente lo scenario mediale nazionale abbattendo, di fatto, il monopolio pubblico. Nello stesso tempo, ha trascurato alcune questioni fondamentali ponendo le basi per una vera e propria decadenza televisiva, per una commercializzazione esasperata dei contenuti e per l’assenza di politiche di tutele serie a favore delle fasce di utenti più deboli».

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