Appare quasi più rilassata, ma anche, paradossalmente, più sicura di sé, l’ormai ex sindaco di Milano Letizia Moratti, a poche ore dalla sconfitta del ballottaggio che le ha riservato dieci punti percentuali di svantaggio su Giuliano Pisapia (55,1% per l’avvocato milanese, 44,9% per il primo cittadino uscente). E la prima dichiarazione che rilascia davanti alle telecamere, dal suo quartier generale poco distante dal Palazzo in cui ha governato cinque anni, è quella relativa alla telefonata fatta al nuovo sindaco del centrosinistra per congratularsi. Un comitato elettorale dove chi gli doveva stare vicino ha fatto fatica alla fine a presentarsi. Quasi a volerle dare tut- ta la colpa una sconfitta, che non è affatto solo sua, ma è da dividere soprattutto con il Pdl. Lei intanto fa la “signora” fino alla fine, e parla. «Pisapia? Gli ho fatto auguri sinceri per rispetto verso gli elettori e le istituzioni, che vengono prima di ogni differenza», ha dichiarato l’ex sindaco, come per voler cancellare i duri scontri di una campagna bollente, cominciati con il dibattito televisivo nel quale aveva affermato che il suo avversario aveva rubato da giovane un auto in una vicenda di violenza politica (accusa dalla quale Pisapia era stato invece assolto), seguiti poi da dibattiti televisivi negati e scontri verbali a distanza e a mezzo di manifesti. Commentando l’esito del ballottaggio, Letizia Moratti però preferisce, per il momento, non entrare nel merito della sconfitta e sceglie di far sapere che continuerà il proprio impegno a servizio della città. Si vedrà. «Sono qui per far capire che sono a disposizione della città e del Paese e che il mio amore per Milano e per l’Italia è cresciuto a contatto con i cittadini con i quali ho condiviso sogni e preoccupazioni», ha aggiunto l’ex sindaco, ringraziando tutti i partiti, «dal Pdl alla Lega, fino alle liste civiche e tutte le persone che sono state al mio fianco in questa campagna elettorale». E se per il sindaco uscente ogni riflessione sul dato del ballottaggio è rimandata ai prossimi giorni, «con calma, dopo aver guardato bene i risultati», ad analizzare la sconfitta milanese, ieri sera, è stato invece un summit del Pdl, nella sede di viale Monza, che ha riunito i maggior rappresentanti lombardi e nazionali, fra cui il coordinatore nazionale Ignazio La Russa, il ministro Maria Stella Gelmini, il governatore lombardo Roberto Formigoni, il presidente della Provincia Guido Podestà e il coordinatore regionale Mario Mantovani. «È necessaria una riflessione per un pronto rilancio », ha spiegato Mantovani al termine del vertice. «Ognuno di noi – dice ancora – ha concordato sulla necessità di una riflessione interna, cui seguirà certamente un rilancio del Popolo della Libertà a Milano e in tutta la Lombardia. Il Pdl si conferma primo partito. Un dato che ci fa guardare fiduciosi all’immediato futuro». Ma in realtà si sono aperte le danze per un confronto e una resa dei conti che lascerà diversi “feriti” sul campo nelle prossime settimane. «Alle responsabili e oneste dimissioni dell’onorevole Bondi da coordinatore nazionale del Pdl, devono seguire le dimissioni dei vertici nazionali e regionali – ha detto Luciano Buonocore della direzione nazionale del Pdl –. La base del Pdl, ignorata e irresponsabilmente non coinvolta, da oggi in poi, deve far sentire la propria voce. Il Pdl va profondamente rinnovato e ristrutturato, culturalmente e politicamente». Il vertice si è concluso riaffermando il pieno sostegno «al presidente Silvio Berlusconi, cui è andato il ringraziamento di tutti i presenti per il suo impegno in prima persona in questa campagna elettorale». Chiosa e avvisa l’ex coordinatore regionale del Pdl e presidente della Provincia di Milano Guido Podestà: «Il risultato ci deve far riflettere anche perché il sindaco di Milano, oggi, non è espressione del Partito democratico».