sabato 26 gennaio 2013
Il Professore si riposiziona e lancia un avvertimento al Pd: «Possibile allearsi anche con un centrodestra «mondato» dell’ala populista e dell’alleanza con la Lega. Poi ammette il cambio di marcia: «Il guru elettorale di Obama mi ha consigliato di essere più cattivo».
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Mario Monti sferra un ultimo affondo al Pd di Pier Luigi Bersani (sul caso Montepaschi). Ma stavolta fa anche di più, il Professore ammicca al Pdl facendo capire che l’alleanza con i Democratici non è l’unica opzione nel dopo-voto. Un’apertura condizionata a un Pdl «mondato» da Silvio Berlusconi e dall’intesa con la Lega. È l’annuncio di una vera e propria strategia: in caso di pareggio al Senato, infatti, il premier ritiene possibile l’allargamento della coalizione a tutti quei pidiellini che guardano con favore alla sua esperienza di governo. Ma la reazione del Pdl, affidata al segretario Alfano, è secca: «Se c’è qualcosa da cui l’Italia deve essere mondata è Monti e il governo tecnico. Senza Berlusconi il Pdl non è».La campagna elettorale impone al Professore - che ieri ha anche incontrato Napolitano insieme al ministro Paola Severino - di mettere da parte il suo proverbiale aplomb. «Il guru di Obama», ammette in una lunga intervista a Radio Anch’io, «mi ha detto di essere più cattivo in certe circostanze». Nei sondaggi, anche se lui si dice soddisfatto, la sua coalizione non sembra decollare. Così, nonostante deprechi le «corride elettorali» su temi così delicati, lancia affondi a destra e a sinistra. C’è da parlare all’ancora grande bacino degli indecisi, non attratti dalle tradizionali offerte in campo e nemmeno dalle sirene grilline o della sinistra antagonista. Anche se il termine moderato, si sa, a Monti non piace per niente. Per questo rimarca la differenza con i partiti tradizionali: «Chi è contento del passato ha una scelta facile: votare il Pd, collegato con l’estrema sinistra, o il Pdl collegato con la Lega». Quelle stesse forze, attacca, che hanno tenuto «in piedi o in ginocchio l’Italia per vent’anni». Parla anche agli elettori tentati dall’anti-politica, ricordando i tentativi del governo di abbatterne i costi «bloccati in Parlamento«. Ed ecco il guanto di sfida lanciato al Pd: «Non ho nessuna intenzione di fare accordi con partiti che non abbiano un forte orientamento riformista», precisa. Come a dire: Bersani scelga tra me e Vendola e Fassina. E così evoca anche la possibile alleanza con il Pdl. Certo - rimarca, forse con la sua ormai ben nota ironia compassata - il partito andrebbe «mondato» dal «tappo» di chi «impedisce le riforme». E, a scanso di equivoci, cita espressamente il Cavaliere, accusandolo di aver ostacolato le norme sulla giustizia per motivi personali. Ma fa riferimento anche all’alleanza col Carroccio. La sua, insomma, è «un’apertura sia verso destra che verso sinistra».Poi alla trasmissione di Gad Lerner su La7, Monti - che è in studio con Stefano Fassina - ribadisce che «non si sente di appartenere a nessun partito, neppure il Ppe che l’aveva invitato. «Berlusconi mi aveva chiesto di federare i moderati, ma a parte che non so bene cosa siano, la mia intenzione è un’altra federare i riformisti».Quanto agli alleati, Udc e Fli, lavoriamo in «armonia» allo stesso progetto, ma - conclude sibillino - adesso «andiamo ognuno per la sua strada». Alleanza e competizione, quindi, i conti si faranno alla fine.Ma Nichi Vendola chiarisce: «Se dopo le elezioni non c’è una maggioranza sul nostro programma -avverte - il centrosinistra molli la presa, bisogna essere seri con i propri elettori». E - gli chiedono - Monti al Quirinale, come lo vede? «Che brutte domande. Mi è venuto un brivido dietro la schiena...».
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