giovedì 15 dicembre 2011
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​La manovra va. A fatica, ma va. «Tasseremo la grande finanza, altro che soliti noti», rivendica il premier in aula al Senato. Un cammino a ostacoli - il primo quello di ieri a Palazzo Madama non è stato privo di asperità per il premier - da percorrere a oltranza e a tappe forzate, che verrà scandito dal voto di fiducia. La decisione era già nell’aria, sollecitata più o meno apertamente dalla stessa base parlamentare del governo per non finire nel pantano. Ma verrà ufficializzata stamattina alla Camera. Obiettivo: mangiare il panettone con il "Salva Italia" già legge. Il timing prevede dunque per domani alle 19.30 il voto finale di Montecitorio. Dichiarazioni e voto finale saranno in diretta tv, altro propellente per un dibattito che già si manifesta acceso. La manovra dovrebbe passare poi al Senato il 21 dicembre per essere approvata definitivamente entro il 23.Colpire le transazioni finanziarie per alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie e le imprese, è questa la misura-simbolo che il premier ha annunciato, con l’adozione della Tobin tax. Basta tasse, recitano i cartelli leghisti: «Uno dei modi per arrivare non dico al basta tasse, ma almeno al meno tasse per le famiglie e le imprese - replica piccato Monti -, è quello di avere  una fiscalità estesa anche al mondo della finanza, con la possibilità di tassare le grandi operazioni finanziarie. Ho quindi notificato in sede europea - ecco l’annuncio - che l’Italia è disposta a cambiare la posizione tenuta dal precedente governo contro la cosiddetta Tobin tax».Monti in commissione aveva ipotizzato che fosse stato lo stesso Berlusconi a invocare la lettera del Ppe. Punture di spillo, precisazioni. Che rischiano di aumentare la già difficile intesa con il Pdl, ora portata alla luce dall’ex premier: «Le modifiche non le conosco ancora tutte. Stiamo valutando: abbiamo molte, molte, perplessità», dice Berlusconi. Che, non a caso, prova a stemperare anche con la Lega che l’aveva accusata, con Umberto Bossi, di trafficare con i comunisti. E nel giorno in cui il Carroccio sguaina la spada contro la manovra, Berlusconi minimizza («ognuno cerca di portare a casa un po’ di voti») ed evoca il disgelo con Bossi annunciando che lo vedrà oggi a Roma.La Lega però, che per i lavori ha chiesto e ottenuto la seduta fiume alla Camera, non fa sconti: 150 gli emendamenti presentati, 50 del solo Carroccio. «Berlusconi vuole la pace? Vedremo come si comporterà in aula», alza il prezzo Bossi. La fiducia serve ad accelerare, ma con questa decisione il governo perde per strada anche Idv, che con il capogruppo Massimo Donadi annuncia il voto negativo. Monti aveva anche illustrato ai senatori i risultati del recente Consiglio europeo (un vertice non risolutivo, ma dagli esiti «comunque abbastanza significativi») e nel quale «l’Italia ha avuto un ruolo attivo», grazie alla «maggiore credibilità» conquistata. Una stoccata anche ai principali partner europei. «Nel 2003 - ha ricordato Monti a ragion veduta - ad aver vulnerato il patto di stabilità e aver chiesto di non essere sanzionati, sono stati la Germania e la Francia. Dunque - avverte - è molto difficile tracciare un confine netto tra paesi totalmente virtuosi e paesi totalmente peccaminosi». Monti, nonostante la contrarietà della Merkel, coglie comunque segni di apertura sugli eurobond: il «meccanismo di informazione tra Stati membri sui programmi di debito pubblico» può costituire infatti il «presupposto di una futura emissione comune». Monti spiega tutta l’opera di convincimento effettuata sulla Merkel e su Cameron. Con scarsi risultati, soprattutto in quest’ultimo caso.
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