giovedì 31 marzo 2011
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Giornata di tensione senza precedenti, sulla giustizia. Iniziata male, alla notizia dell’inversione dell’ordine del giorno sul ddl del processo breve, con le opposizioni, tutte, e i magistrati, che insorgono per quella che considerano l’ennesima legge ad personam. E finita peggio. Con Ignazio La Russa che, anche per sincerarsi di persona sugli insulti di cui era stata fatta segno poco prima Daniela Santanché, decide di affrontare il popolo viola che manifesta nei pressi di Montecitorio - troppo nei pressi lamenta il ministro della Difesa - e non aveva risparmiato neanche il Pd, con Rosy Bindi. Ma è La Russa che si becca di tutto. L’epiteto scandito in modo ritmato, fra i pochi riferibili, è: «Buffone, buffone». Volano monetine, si sfiora lo scontro fisico. Poi il match si sposta in aula. La miccia viene innescata da un battibecco con Dario Franceschini proprio sugli incidenti in piazza. Il ministro applaude platealmente e il presidente Gianfranco Fini è costretto a redarguirlo una prima volta. È un attimo e lo scontro - più insidioso - diventa quello fra ex compagni di cordata, in An. Con il ministro che, forse ancora sull’onda dell’irritazione per gli incidenti in piazza, gli risponde a brutto muso: «Non mi rompere, sto applaudendo». Al secondo richiamo, ma la circostanza è negata dal diretto interessato, sarebbe partito un «vaffa». Mentre Franceschini veniva fatto segno con un gesto inequivocabile dello scatenato La Russa che lo invitava a zittire. Si scatena la bagarre, le opposizioni gridano al ministro: «Fascista fascista» e lui tira in aria dei fogli. Qualcuno giura di aver letto anche sul labiale di Fini allusioni pesanti sui motivi dell’eccitazione del ministro, ma si percepisce nitidamente un «Curatelo». A quel punto al presidente della Camera non resta altro che sospendere la seduta. Il Nuovo Polo con un documento unitario arriva a chiedere le dimissioni di La Russa, che poi in serata smaltita l’ira si scusa personalmente con Fini. Scuse accettate, ma con una postilla di Fini: «Hai offeso l’istituzione, non me». E oggi l’ufficio di presidenza potrebbe decidere sanzioni.Le polemiche erano iniziate dopo che l’Aula della Camera aveva dato il via libera alla richiesta di invertire l’ordine del giorno per discutere subito il ddl contenente la norma sulla prescrizione breve per gli incensurati. Per l’Anm si tratta di un «colpo mortale alla giustizia, visto che già oggi, dopo la riforma del 2005, 150 mila processi si chiudono per prescrizione», denunciano i magistrati. Le opposizioni avevano abbandonato la riunione del Comitato dei Nove din commissione Giustizia per protestare contro la decisione della maggioranza di «strozzare i tempi del dibattito sul testo». Per la capogruppo del Pd in Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti «si tratta di un blitz inaccettabile ». Il Pd indice anche un sit in di protesta davanti a Montecitorio per mercoledì. Durissimo il capogruppo del Pd Dario Franceschini: «Così liberate i delinquenti». E anche il segretario Pierluigi Bersani: «Abbiamo capito stamattina a cosa serviva il viaggio a Lampedusa: a togliere i riflettori da qua, dove per salvare una sola persona si buttano a mare centinaia di processi», dice. «Non so il ministro della Giustizia con quale faccia possa ora presentarsi agli italiani», aggiunge ancora più duro, Bersani. E prende in giro anche la Lega: «La chiameremo Padania breve».Ma il vero segnale dell’irrigidimento sulla giustizia, viene dalla sin qui moderata, e mediatrice, Udc. «Altro che riforma epocale della giustizia - chiude ora Pier Ferdinando Casini -. Siamo alle solite. Il governo e il ministro Alfano, dopo averci illuso e illuso gli italiani che erano pronti a fare una riforma per i cittadini, ecco spuntare il solito provvedimento che serve solo a placare le ossessioni giudiziarie del presidente del Consiglio», dice il leader dell’Udc, anche nelle vesti di capogruppo alla Camera. «Chiediamo un colloquio con Napolitano», tira le somme Leoluca Orlando, portavoce di Idv, quasi compiaciuto della convergenza di tutte le opposizioni sulla linea dura.Più cauto, invece, il Csm. Dopo la dura presa di posizione dell’associazione dei magistrati l’organismo di autogoverno rinvia a lunedì un pronunciamento della Sesta commissioni. Ma anche da quelle parti non tira una bella aria.
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