giovedì 12 novembre 2009
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Una morte misteriosa, avvenuta in carcere, nella notte fra il 6 e il 7 di ottobre. Giuseppe Saladino, 32 anni, originario di Bagheria (Palermo), da tempo residente a Parma, aveva problemi di tossicodipendenza, l’autopsia chiarirà le cause della morte, nel penitenziario di via Burla. Il pm di Parma Roberta Licci ha aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti. A maggio Saladino era stato condannato a un anno e due mesi per avere scassinato alcuni parchimetri, nella città ducale, aveva ottenuto gli arresti domiciliari.«Nel pomeriggio del 6 ottobre - racconta la madre, Rosa Martorano - era uscito in strada per appena un quarto d’ora, a salutare Annalisa, la sua ragazza». Al ritorno a casa ha trovato la polizia, che l’ha nuovamente portato in carcere, per evasione. Qualche ora più tardi Giuseppe Saladino è morto. «Mi telefonò il direttore del carcere per darmi la notizia - ricorda la madre -, era dispiaciuto perchè aveva preso a cuore il caso di Giuseppe. Mi parlò di arresto cardiaco, ma era sempre stato bene».La vicenda è intricata, il giovane siciliano era seguito dal Sert di Parma, dove andava a farsi somministrare il metadone. Il 21 luglio il giudice Mastroberardino lo fece trasferire all’ospedale psichiatrico di Reggio, per «stato di agitazione con scompenso psichico in disturbo psicotico». «Di sicuro prima di entrare in carcere non era un paziente psichiatrico - sottolinea l’avvocato Letizia Tonoletti -, successivamente è stato trattato con psicofarmaci. A tanti tossicodipendenti la carcerazione crea scompensi: dopo il periodo iniziale di reclusione Giuseppe era più agitato».Dava in escandenze, si sfogava in numerose lettere: "Ho paura, sono disperato". "Si sentiva perseguitato - spiega il legale - la notte urlava, sentiva delle voci. Durante i colloqui non era presente, sembrava imbambolato». «Gli facevano una puntura ogni 15 giorni, per tenerlo calmo - insiste la madre -, eppure non aveva mai accusato scompensi mentali». Terminato il mese di osservazione all’opg, il giovane tornò nel carcere di Parma. «Lì continuò la terapia - aggiunge l’avvocato -, siamo convinti che gli psicofarmaci siano una concausa del decesso. Forse li aveva assunti in dosi sbagliate, comunque eccessive». La madre di Saladino punta il dito su due ecchimosi: sulla fronte e alla tempia, grandi come una moneta da un euro. Durante il riconoscimento, la madre e il cognato notarono un rivolo di sangue uscire dalla bocca. «Probabilmente però era dovuto alla posizione del corpo al momento del decesso», chiarisce l’avvocato Tonoletti, che esclude abbia subito percosse. «Non è nostra abitudine maltrattare nessuno - dice il questore di Parma, Gennaro Gallo -, da noi è soltanto passato, non era neppure stato trattenuto in camera di sicurezza». Mamma Rosa però è decisa: «Voglio giustizia, mi devono dire cosa è successo, Giuseppe era stato condannato per un piccolo furto, non aveva mai commesso reati gravi, rapine o spaccio. Era come un ladro di polli, me l’hanno ammazzato».
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