venerdì 7 luglio 2023
Estese le categorie e i settori produttivi coinvolti: una quota specifica viene riattivata per gli addetti all'assistenza familiare e socio-sanitaria. Ma preoccupa l'iter burocratico
Previsti 452mila ingressi in tre anni

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Col decreto flussi approvato dal Consiglio dei ministri, il governo Meloni dimostra di lavorare per promuovere un'immigrazione legale, che può essere favorita solo con regole certe che possano contrastare quella illegale». All’indomani del varo del testo che fissa le nuove quote triennali di ingresso per i lavoratori stranieri, è il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida a commentare, soddisfatto, il provvedimento, sottolineando il nuovo tipo di approccio: «Dopo anni in cui i flussi erano approvati dopo gli ingressi – afferma –, l’Italia torna a programmare per dare risposte al mondo delle imprese che chiede manodopera, soprattutto nel comparto dell’agricoltura» e al contempo per fronteggiare la tratta e lo sfruttamento legati al caporalato.

Saranno 452mila in tre anni gli ingressi autorizzati nel decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, a fronte di 833mila persone richieste dalle realtà datoriali. Numeri comunque di rilievo, come si evince dal coro di apprezzamenti della gran parte delle associazioni di imprenditori e datori di lavoro
Sin dai suoi primi passi, il governo Meloni aveva dichiarato di voler controbilanciare il rigore rispetto agli ingressi irregolari con un accrescimento delle quote di accesso per motivi di lavoro, stabilendo tetti triennali. La trattativa con imprese e sindacati al ministero del Lavoro è andata avanti lontano dai riflettori. E l’altro ieri, sostengono fonti di maggioranza, in Cdm era previsto solo l’esame preliminare ne preliminare del decreto. Poi sui contenuti si è trovata, dicono le stesse fonti, «una immediata condivisione e dunque il governo ne ha deciso l’approvazione», dandone comunicazione nel comunicato finale, poco prima delle 23, senza una particolare enfasi comunicativa , né dichiarazioni o conferenze stampa dei miinistri interessati (fatto peraltro singolare, se si considera l’importanza del provvedimento per il mondo del lavoro e per la società italiana, ma forse anche per la “narrazione” politica di un new deal meloniano, in una fase in cui l’esecutivo è impegnato sul fronte degli sbarchi via mare).
Ciò detto, il dpcm contiene la «Programmazione dei flussi d’ingresso legale in Italia» dei lavoratori stranieri «per il triennio 2023-2025». Cifre alla mano, il governo prevede in tutto 452mila ingressi, rispetto a un fabbisogno rilevato di 833mila unità. Saranno così suddivisi: 136mila ingressi nel 2023, 151mila nel 2024 e 165mila nel 2025.
Il testo estende le categorie professionali interessate, includendo ad esempio elettricisti e idraulici. E soprattutto riattiva una quota specifica per gli addetti ai settori dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. «Una novità importantissima - commenta Andrea Zini, presidente di Assindatcolf - che colma un vuoto che durava dal 2012. Ora auspichiamo che nel definire i tetti per ogni comparto si tenga conto del fatto che, per colmare le esigenze familiari di cura e assistenza domestica in Italia servirebbero 23mila stranieri da assumere ogni anno come colf e badanti», ossia 69mila nel triennio».
Altra novità è la menzione esplicita dei «lavoratori per il trasporto passeggeri con autobus e per la pesca». Mentre, per il lavoro autonomo e subordinato non stagionale, vengono confermati i settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia, quello turistico-alberghiero, della meccanica, delle telecomunicazioni, dell’alimentare, della cantieristica navale.
Per il lavoro subordinato stagionale, ci sono i settori agricolo e turistico-alberghiero. E si riservano specifiche quote per i lavoratori provenienti da Paesi di origine o di transito che sottoscrivono accordi «per facilitare la migrazione regolare e contrastare quella irregolare». E per quelli «le cui istanze di nulla osta all’ingresso in Italia per lavoro stagionale, anche pluriennale, siano presentate dalle organizzazioni di lavoro indicate nel decreto e maggiormente rappresentative a livello nazionale». Queste organizzazioni dovranno sovrintendere «alla conclusione del procedimento di assunzione fino alla effettiva sottoscrizione dei contratti di lavoro, comprese le comunicazioni obbligatorie». Per Confagricoltura, è il presidente Massimiliano Giansanti a dirsi «soddisfatto per l'opportunità di programmare in un triennio le necessità di manodopera stagionale» in un settore in cui i braccianti stranieri sono (dati del 2021) «il 32% del milione di operai agricoli in Italia».
A marzo, le oltre 240mila domande presentate nel click day avevano travalicato gli 80mila ingressi disponibili del decreto integrativo al Dpcm di fine 2022. Così, giovedì il goveno ha aggiunto altri 40mila posti «per i settori agricolo e turistico-alberghiero». Lo avevano sollecitato a farlo diverse associazioni, fra cui Coldiretti, soddisfatta pure per le quote «destinate al soddisfacimento del fabbisogno per il settore della pesca». Un plauso arriva pure da Federturismo e da Federalberghi: «Avevamo chiesto l’adozione di un decreto integrativo - ricorda il presidente degli albergatori, Bernabò Bocca . E apprezziamo la procedura semplificata, col rilascio delle autorizzazioni al lavoro a valere sulle domande già presentate nel click-day del marzo scorso, senza necessità di presentare nuove domande».
Nel generale clima di soddisfazione, c’è però un aspetto che non lascia tranquilli gli addetti ai lavori, consapevoli della lentezza della burocrazia pubblica. Lo mette a fuoco Marco Carlomagno, segretario generale della Federazione lavoratori pubblici e Funzioni pubbliche (Flp): «Bene i 452mila ingressi, ma il problema, a cui il ministro Matteo Piantedosi finora non ha fatto alcun cenno é: come potrà il ministero dell'Interno far fronte a una tale enorme mole di lavoro senza un adeguamento degli organici?». Servono persone e mezzi, spiega ad Avvenire il segretario Carlomagno, che «il Viminale attualmente non ha e non ha neppure programmato di reperire». E i 1.120 lavoratori in somministrazione temporanea assegnati finora a questure e prefetture? «Sono assolutamente insufficienti per gestire la mole di lavoro, ne servirebbero almeno il doppio se non addirittura il triplo». Non solo: «Per rimpinguare l'organico del personale civile», sono state programmate, nel medesimo triennio 2023-25 «poche centinaia di assunzioni», che «non basteranno neppure a rimpiazzare le migliaia di persone che andranno in pensione». Figuriamoci, conclude preoccupato il segretario Flp, «come si potrà riuscire a gestire gli ingressi previsti nel decreto flussi».









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