
Il momento in cui il team Sar della Life Support si avvicina al gommone con 82 naufraghi - Emergency
Sono 1.232 i naufraghi strappati alle onde nelle 13 missioni concluse nel corso del 2024, in fuga da guerre o gravi violazioni dei diritti umani. Numeri importanti, quelli contenuti nel rapporto “Il confine disumano - Salvare vite nel Mediterraneo centrale”, dedicato al secondo anno di attività della nave Life Support. Ma che non soddisfano gli operatori umanitari di Emergency attivi nella ricerca e nel soccorso in mare dei profughi. Perché le regole dei decreti Piantedosi e Flussi comprimono le capacità operative di una nave certificata per accogliere fino a 175 naufraghi, ma che in media ne ha potuti portare non più di 95 a missione. Compiuto un salvataggio (massimo due nella stessa area), le navi Sar (Search and rescue) sono obbligate a tornare subito in Italia. Mai nel porto più vicino, ma in quello assegnato dal governo volta per volta. Con criteri opachi, che di fatto impongono traversate di giorni. Il risultato è allontanare le navi dalle aree a rischio, aumentare i costi di navigazione, costringere i naufraghi a ulteriori giorni di disagio.
E l'ultimo salvataggio è stato martedì 17 aprile nel pomeriggio. «Abbiamo avvistato un gommone sovraffollato e deformato dal peso delle troppe persone a bordo mentre il mare era ancora mosso con onde lunghe», racconta dalla nave il capo missione Jonathan Nanì La Terra. Sono state salvate 82 persone di cui 11 donne, 2 ragazze minorenni non accompagnate, 23 minori non accompagnati e 2 bambini accompagnati. Partiti da Zawiya in Libia, provengono da Sudan, Eritrea, Etiopia, Ghana, Nigeria e Togo. Le autorità hanno assegnato come Pos (Place of safety), il porto di Ravenna che è a oltre 900 miglia dal punto in cui è stato effettuato il soccorso, pari a quasi 1.700 chilometri, oltre 4 giorni di navigazione.
Dall'inizio delle attività Sar, a dicembre 2022, la nave Sar di Emergency ha complessivamente salvato nel Mediterraneo centrale ben 2.701 persone. Delle 1.232 soccorse l'anno scorso, 1.003 sono uomini, 88 donne, 109 minori non accompagnati e 32 accompagnati. I nuclei familiari sono stati 46, le donne incinte 2. Le principali provenienze sono state Siria, Bangladesh, Pakistan, Egitto, Nigeria, Eritrea, Ghana, Mali, Sudan, Marocco e Palestina. Cioè paesi colpiti da guerre devastanti, instabilità politica, crisi economiche e cambiamenti climatici. Il team sanitario ha effettuato 867 visite a bordo su 519 pazienti, di cui 58 donne, 47 minori e 414 uomini. Le principali patologie sono state dermatologiche, spesso dovute al mix di carburante e acqua di mare, poi disturbi del tratto respiratorio, malattie gastrointestinali e disidratazione.
Nel 2024 la nave Life Support ha compiuto 13 missioni di soccorso nel Mediterraneo, percorrendo quasi 39 mila chilometri e navigando per 139 giorni. Ha realizzato 24 interventi nelle zone Sar libica e maltese, a seguito dei quali le sono stati assegnati i porti di Ravenna (3), Ancona (2), Livorno (2), Ortona (1), Civitavecchia (1), Napoli (2), Vibo Valentia (1) e Catania (1). Nove su tredici sono al Centro-Nord. La prassi del governo di assegnare porti di sbarco distanti ha costretto la Life Support - e i naufraghi a bordo - a percorrere in media 630 miglia nautiche in più per ogni missione, impiegando oltre tre giorni di navigazione. Per andare e poi tornare in zona operativa sono stati necessari 59 giorni di navigazioni aggiuntiva. Tutto tempo prezioso sottratto all’attività di ricerca e soccorso.
«Assegnando porti lontani centinaia di miglia dal luogo del soccorso, le autorità italiane costringono le navi Sar delle Ong a molti giorni di viaggio in più - spiega Carlo Maisano, capo progetto Life Support - con una pratica disumana che posticipa, senza motivo, l’assistenza di cui hanno bisogno le persone soccorse, mettendo a rischio la loro salute psico-fisica. Inoltre, tiene lontane le navi dove più servirebbero. Il decreto Piantedosi, quindi, insieme all’assegnazione di porti lontani e alle detenzioni amministrative delle navi, ha sottratto tempo e risorse preziose al soccorso e alla tutela della vita di chi è in mare».

La nave sar Life Support - Archivio Emergency
Anche per questo le navi Sar delle Ong nel 2024 hanno soccorso complessivamente il 18% delle persone sbarcate in Italia. «Se fosse stato possibile raggiungere la capienza massima - spiega la ong - avrebbe potuto soccorrere almeno 1.043 persone in più». Col decreto Flussi 2024 l’Italia ha esteso l’applicazione del decreto Piantedosi e relative sanzioni anche agli aerei delle Ong che fanno ricognizione sul Mediterraneo. La totalità delle imbarcazioni in difficoltà soccorse dalla Life Support è partita dalle coste libiche, nessuna proveniva più dalle coste tunisine come invece l’anno precedente. «Probabilmente per le prassi vessatorie adottate dalla Tunisia -a afferma Emergency - con le intercettazioni realizzate dalla Guardia nazionale tunisina e con il Memorandum d’intesa Ue-Tunisia».
Emergency esorta le autorità a correggere politiche dimostratesi inefficaci a ridurre le vittime in mare, ricordando «i 1.719 dispersi accertati nel 2024 lungo la sola rotta centrale. Ma l’Ue, l’Italia e gli altri Stati membri rispondono al fenomeno con politiche di esternalizzazione delle frontiere, appaltando la gestione dei flussi migratori a Paesi Terzi che vìolano sistematicamente».
Emergency fa cinque raccomandazioni. La prima è porre la tutela della vita in mare al centro di ogni decisione che riguarda il Mediterraneo e attivare una missione Sar europea. La seconda prevede di riconoscere il ruolo umanitario delle Ong, abbandonando le attuali pratiche di criminalizzazione. La terza chiede di revocare i Memorandum Italia-Libia e Ue-Tunisia. La quarta sollecita a chiudere i centri albanesi, dirottando i finanziamenti per rafforzare il sistema d’accoglienza. L’ultima chiede di investire in programmi di cooperazione di lungo periodo e garantire vie di accesso sicure e legali in Europa.