venerdì 2 aprile 2021
I 32 immigrati, tra i quali 8 minorenni, si sono salvati solo grazie alla nave cargo “Rachel Borchard”, battente bandiera delle Isole Marshall, proveniente dalla Turchia e diretta a Salerno
Migranti in mare in un'immagine d'archivio

Migranti in mare in un'immagine d'archivio - Ansa

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Poteva essere una nuova strage dell’immigrazione. Non sulla rotta libica, ma su quella molto meno nota che viene da Grecia e Turchia. Dove non ci sono né navi militari italiane né quelle delle Ong. Forse perché ritenuta minore e sicura. Invece tre giorni fa 32 immigrati, tra i quali 8 minorenni, si sono salvati solo grazie alla nave cargo “Rachel Borchard”, battente bandiera delle Isole Marshall, proveniente dalla Turchia e diretta a Salerno, dove è giunta nella tarda serata di mercoledì. E qui gli immigrati, tutti maschi, giovani, al massimo 35 anni, iraniani e iracheni, di etnia curda, oltre a due bielorussi, probabilmente gli scafisti, hanno raccontato quello che poteva diventare un dramma. Lo dimostrano i quattro feriti, uno alla testa e gli altri tre alle braccia e alle gambe, lesioni riportate durante il salvataggio in alto mare.

La piccola imbarcazione, una barca da diporto, «assolutamente inadatta per un lungo viaggio», ci spiega un investigatore salernitano, era andata in panne, bloccata, il 30 marzo, non è ancora chiaro se nelle acque territoriali greche (in questo caso avrebbero dovuto intervenire le autorità di Atene) o in quelle italiane. Di sicuro era partita dalla Turchia, come tante altre arrivate sia in Puglia che sulle cose joniche calabresi. Questa volta il viaggio si era interrotto e l’episodio pone la domanda se si tratti di un caso isolato o se altre volte il dramma sia finito male. Ma c’è anche l’ipotesi che gli immigrati siano stati trasferiti da una “nave madre” a quella più piccola e insicura.

Purtroppo, lo ripetiamo, su questa rotta i riflettori non sono accesi. Eppure nel 2020 sulle coste pugliesi, soprattutto Salento, sono arrivate più di 1.200 persone, in una trentina di sbarchi. Quest’anno siamo già a 183 persone in tre sbarchi, l’ultimo due giorni fa con 43 immigrati di nazionalità irachena, iraniana, siriana, pakistana e afgana sbarcati sulla costa del Capo di Leuca, a Novaglie (Lecce), in località Ciolo. Ricordiamo che sempre dalla Grecia e dalla Turchia lo scorso anno sono arrivati sulle coste calabresi joniche più di 2.500 immigrati. Quest’anno, finora, un solo sbarco, il 30 marzo, una barca a vela che trasportava 67 persone di origine iraniana e irachena, intercettata dal servizio navale della guardia di Finanza a poche miglia da Capo Rizzuto (Crotone). E proprio martedì è arrivata la segnalazione del salvataggio dei 32 immigrati da parte della nave portacontainer diretta a Salerno.

Il prefetto, Francesco Russo, ha immediatamente convocato il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, allargato per l’occasione alla partecipazione della Capitaneria di Porto, della Sanità marittima, dell’Asl, della Croce Rossa e del Comune. Ed è stato predisposto, su indicazione del questore, Maurizio Ficarra, il dispositivo di controllo e accoglienza, anche di tipo sanitario per l’emergenza Covid. Prima dello sbarco sono stati eseguiti a tutti i tamponi molecolari, processati già nel corso della nottata e, nella primissima mattinata, accertando la negatività al virus di tutte le persone soccorse.

Oltre ai quattro feriti, gli immigrati sono apparsi stanchissimi, impauriti, sporchi e affamati. Così subito dopo essere stati sottoposti a visita medica nell’immediatezza dello sbarco e sono stati riforniti di acqua e cibo di cui avevano forte necessità. E si sono tranquillizzati. I servizi sociali del Comune di Salerno sono intervenuti per prendere in carico i minorenni. Mentre gli adulti sono stati trasferiti in un centro di accoglienza temporanea della provincia, tutti tenuti a rispettare il periodo di quarantena.

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