giovedì 20 dicembre 2018
Viaggio tra i migranti del progetto Ragazzi Harraga di Palermo. «Arrivati coi barconi, qui abbiamo imparato a studiare e a vivere. Ma ora l'incubo è tornato»
Italiani e stranieri insieme nel Progetto Ragazzi Harraga di Palermo (Alessandro Fucarini)

Italiani e stranieri insieme nel Progetto Ragazzi Harraga di Palermo (Alessandro Fucarini)

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Amadou è un fuoriclasse, caparbio e umile, dotato di una innata gentilezza che conquista coetanei e insegnanti, tutor e imprenditori. A 20 anni frequenta l’ultimo classe dell’istituto per il turismo Ferrara di Palermo, dove è entrato al terzo anno dopo un’estate di studio 'matto e disperatissimo', a pochi mesi dal suo approdo, salvato durante la traversata del Mediterraneo. Quando, qualche settimana fa, a scuola gli hanno chiesto di provare a scrivere il suo curriculum, lui ha compilato tre pagine fitte di risultati raggiunti, di corsi, di tirocini, di esperienze di lavoro, di lingue parlate con competenza. Amadou, assieme a Rita, nigeriana di 24 anni, da settembre lavora part time alla foresteria di Casa Santa Chiara, nata dal progetto Ragazzi Harraga, svolge attività di accoglienza, di sistemazione delle stanze, check-in e checkout, come ha imparato nel tirocinio frequentato a Palazzo Sitano. Questo giovane della Guinea ha tutta la vita davanti e la possibilità di inserirsi in maniera professionale e competente nel settore turistico, ma la spada di Damocle del decreto sicurezza non lo lascia per niente sereno. Ha paura che l’impegno profuso negli ultimi tre anni, lo studio, la perseveranza possano non servire a nulla e che lui possa essere condannato alla clandestinità. Una condizione condivisa da tanti tra gli oltre 70 ragazzi stranieri che hanno potuto svolgere un tirocinio lavorativo in città, grazie alla disponibilità di numerose aziende, inseriti nel progetto Ragazzi Harraga (in arabo 'colui che brucia': sono coloro che bruciano le frontiere. In Nord Africa indica chi rischia tutto pur di migrare, ndr) coordinato dal Ciai , il Centro italiano aiuti all’infanzia, e reso possibile da una rete articolata di istituzioni locali, aziende, realtà del privato sociale. Molti tirocini sono stati rinnovati; alcuni giovani sono stati assunti dopo questo periodo di prova. Da questa occasione di crescita e condivisione a Palermo si sta costituendosi una 'Rete delle imprese accoglienti'. «È oggi più che mai importante lavorare insieme per mettere a valore le competenze e le risorse di questi ragazzi e di queste ragazze – sottolinea Alessandra Sciurba, coordinatrice Ciai di Ragazzi Harraga – perché prenderci cura del loro futuro significa anche prendersi cura della nostra società. Ma purtroppo questo modello di inclusione è messo a rischio da provvedimenti normativi irrazionali, che cancellando i permessi di soggiorno per motivi umanitari renderanno tutti questi ragazzi straordinari dei clandestini».

I risultati e le esperienze dei ragazzi e delle aziende sono stati presentati ai Cantieri culturali della Zisa, durante un evento organizzato da Ciai e Send e co-promosso dall’assessorato comunale alla Cittadinanza solidale e dall’ufficio del Garante per l’infanzia e l’adolescenza. Ciò che viene apprezzato particolarmente è «la voglia di riscatto di questi giovani, la voglia di fare, la disponibilità a fare sacrifici pur di imparare» sottolinea Marco Miceli, titolare di Laros, un celebre negozio di abbigliamento di Palermo, do- ve Abdoulaye ha coronato il suo sogno: diventare un modello. Lo racconta lui stesso, partito tre anni fa dalla Costa d’Avorio «con pochi soldi e tanta speranza». «Alcuni miei amici avevano già affrontato questo viaggio e uno di loro è morto in mare. Il mio sogno però è più forte di qualsiasi pericolo o ostacolo. Ho attraversato la Costa d’Avorio, il Burkina Faso, il Niger, poi un deserto infinito che mi ha finalmente portato in Libia – racconta in sintesi Abdoulaye –. Quattro sono stati i giorni per attraversare il deserto, ma sicuramente più di quattro erano le motivazioni con cui mi facevo forza per affrontarlo. Siamo arrivati a Trapani una domenica mattina, finalmente l’incubo era finito. Avevo 17 anni e una nuova vita stava iniziando per me». Ora c’è il rischio che quel sogno si interrompa di nuovo, prematuramente.

Nel centro storico palermitano Bisso bistrot è un luogo noto in città per cenare con piatti di cucina siciliana raffinata in un ambiente liberty. Dario Bisso ha offerto a Adic, un ragazzo ospite della comunità Stellaria, la possibilità di svolgere un tirocinio e oggi ha un contratto, così come Enus, entrambi del Bangladesh. «Abbiamo adottato lo stesso metodo di lavoro per chiunque arrivi qui: si entra come fattorino e piano piano si cresce – dice Bisso –. Adic è arrivato da qualche mese: da fattorino è passato ad aiuto cuoco ». Mentre Valeria Antinoro della Solemar ha fatto un contratto a Ràhul del Bangladesh, 18 anni e una forza di volontà da leone, per aiuto chef, «e ora lo stiamo professionalizzando con alcuni corsi».

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