martedì 2 luglio 2019
La nave Mare Jonio è ancora sotto sequestro: la missione ora opera con la barca da diporto Alex&Co, attrezzata non per "search and rescue" ma per offrire un primo soccorso a eventuali naufraghi
La barca da diporto Alex&Co, con cui la missione Mediterranea da stamani è tornata in mare (Mediterranea Saving Humans)

La barca da diporto Alex&Co, con cui la missione Mediterranea da stamani è tornata in mare (Mediterranea Saving Humans)

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Essere insieme là dove c’è bisogno di essere. Perché? Per fare pressione politica, perché si sappia cosa accade nel Mediterraneo centrale, il confine più mortale al mondo, per sensibilizzare le persone attraverso testimonial come Marc Gasol o Pep Guardiola ed eventi di massa, come concerti rock e festival culturali. È la strategia suggerita da Oscar Camps, condivisa anche da Mediterranea, di fronte al vuoto istituzionale lasciato dei Paesi dell'Unione Europea (il caso della Sea Watch docet, ndr): anche lui a sorpresa si trova a bordo della nave da diporto Alex&Co con cui Mediterranea Saving Humans ha deciso di riprendere il mare.

«Perché non c'è alternativa a noi» nel Mediterraneo centrale, aggiunge il capomissione, il parlamentare di Sinistra italiana, Erasmo Palazzotto (oggi alla Camera la presentazione della sua mozione sulla Libia, ndr): una scelta obbligata soprattutto perché la nave Mare Jonio è ancora sotto sequestro probatorio ormeggiata nel porto di Licata e con il vento che soffia contrario dopo l'entrata in vigore del decreto Sicurezza bis. È la sua bandiera, l'ultima lasciata indietro mentre si punta la prua verso Lampedusa per una nuova missione di denuncia e monitoraggio. In attesa di raggiungere le navi Open Arms e Alan Kurdi che già si trovano nella cosiddetta Sar libica, una vicino alle piattaforme petroliere e l’altra a ridosso delle coste tunisine.

La scelta obbligata è stata quella di un nuovo assetto per documentare e denunciare mettendosi in mare con una barca civile, la Alex & Co, attrezzata non per attività di search and rescue ma solo per offrire un primo soccorso laddove venissero intercettati naufraghi in pericolo. E con l'invito a unirsi all'equipaggio al compagno di battaglie umanitarie e fondatore della Ong spagnola si vuole rilanciare insieme un segnale forte: l'Europa la si può, la si deve fronteggiare uniti. Ancora di più in questo momento storico in cui la capitana Carola Rackete è sotto processo e in cui anche la Spagna ha deciso di sanzionare con multe salate i soccorritori con un provvedimento sulla falsariga del decreto Sicurezza bis.

Dopo l'ultimo soccorso di Mediterranea dello scorso 10 maggio e le indagini ancora in corso, alle prime luci dell'alba sono stati mollati gli ormeggi: «Noi non vorremmo essere qui nel Mediterraneo, vorremmo che se ne occupassero le istituzioni - ha spiegato Alessandra Sciurba, portavoce di Mediterranea Saving Humans -, vorremmo che fossero garantite vie legali per le persone migranti».

Va ricordato infine che era da novembre 2018 con la missione United4Med, a cui avevano partecipato, oltre a Mediterranea, Sea Watch e Open Arms, che non si trovavano contemporaneamente nel Mediterraneo centrale due navi delle Ong, la Alan Kurdi e la Open Arms assieme alla Alex & Co. della piattaforma della società civile, Mediterranea.

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