lunedì 15 gennaio 2024
Dopo la morte di Michelle nessuno è venuto al campo campo rom. Tranne don Francesco: «La sua condanna, come quella di tanti altri bambini e bambine di quella fogna, è stata decretata alla nascita»
Bambini nel campo rom di Giugliano, dove viveva anche Michelle

Bambini nel campo rom di Giugliano, dove viveva anche Michelle - Mira

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Michelle, 6 anni, doveva cominciare la scuola ieri. La maestra la aspettava. Ma il suo banco è rimasto vuoto, e lo sarà per sempre. La bimba è infatti morta folgorata nel pomeriggio di sabato nell’insediamento rom di Giugliano, l’inferno di via Carrafiello. A piedi nudi, come quasi tutti i bimbi di questo campo, malgrado il freddo, ha toccato una struttura di metallo collegata a un cavo elettrico. Piedi nudi, acqua per terra, elettricità. Fatale per la piccola. Inutile la corsa verso l’ospedale, inutile l’intervento dei medici che hanno tentato l’intubamento. Invano. La piccola se n’è andata. “Bimba morta, parenti assaltano ospedale e polizia”, hanno titolato i giornali locali.

“Non è vero, la polizia ha smentito tutto”, assicura don Francesco Riccio, parroco di San Pio X, responsabile dell’ufficio comunicazioni sociali della Diocesi di Aversa, che conduce una trasmissione di approfondimento religioso e sociale su Tele Club Italia. Da anni vicino a questa comunità rom. Ora denuncia. “Ci siamo arresi di fronte al peggio anche a quel peggio che si prospetta per la vita dei nostri figli, figuriamoci se ci sono lacrime per quelli di una comunità rom, da sempre capro espiatorio e sversamento di ogni rabbia. È morta una bambina di 7 anni, ma la sua condanna a morte come quella di tanti altri bambini e bambine di quella fogna è stata decretata alla nascita”.

Michelle, infatti, è nata qui, in questo “non luogo”, dove sono finiti 5 anni fa 450 rom, il 60% minori, dopo il settimo sgombero. Michelle non ha mai avuto una casa, solo una baracca come tutti gli altri. Sono stati nell’Asi, poi vicino a un’enorme discarica di rifiuti tossici, infine nel “fosso” dove sono stati sgomberati nel maggio 2019 perché, a detta del sindaco, erano in una condizione di degrado. Hanno peregrinato per giorni, nessuno li voleva. Infine si sono fermati nell’area di un’azienda abbandonata, vicino allo svincolo di un importante asse stradale, tra macerie, fango, senza acqua né luce. E dopo quasi cinque anni sono ancora lì, tra macerie e fango, senza acqua e luce, se non quella di allacci abusivi, quelli che hanno ucciso la piccola Michelle. I precedenti luoghi erano parzialmente attrezzati, con acqua, luce e bagni chimici. Questo no.

“Insediamento informale” lo definisce la burocrazia. Precario, disumano, indegno, sono le più corrette definizioni. Per 450 persone, 200 bambini, passati dal degrado regolare al degrado irregolare. Sempre peggio. Michelle non è la prima bimba morta di questo degrado. Il 27 gennaio 2004 muore il piccolo Samir, appena 19 giorni, “morte bianca da ecomafie”, venne definita. L’Arpac fece delle analisi e accertò la presenza di rifiuti pericolosi in quell’area dell’Asi di Giugliano, dove era stato realizzato il campo. Erano in mille allora i rom presenti. Poi vengono divisi e per i 450 comincia il peregrinare tra discariche e fossi, sempre luoghi autorizzati, anche se sempre indegni. Fino al “non luogo” dove vivono, sopravvivono, dal 2019.

Sono stato più volte nel campo, fin dai primi giorni, quando ancora alcuni neonati dormivano in auto. Poi, come accade sempre, i rom hanno “attrezzato” l’area con baracche, sorte tra i vecchi capannoni sfondati, lamiere, lastre di amianto. Solo dopo mesi sono stati installati tre bagni chimici, tre per 450 persone, e quelli sono rimasti. Ma senza acqua e elettricità, solo quella precaria e pericolosa di allacci abusivi. Ad accompagnarmi ogni volta don Francesco, unica presenza costante assieme ai volontari della Caritas diocesana di Aversa e a fratel Rafael, laico lasalliano che viene da Secondigliano. Porta alimenti, vestiti, scarpe, li aiuta per i ricorrenti problemi sanitari. Ma soprattutto in questi anni ha creato un rapporto tra rom e parrocchia. Così le famiglie frequentano la parrocchia, vengono a messa, ci sono stati alcuni Battesimi, i bambini partecipano al grest, e alcuni adolescenti al campo di Azione Cattolica. Vengono aiutati a frequentare le scuole. Ma l’impegno maggiore del parroco è di trovare soluzioni abitative, una casa vera per le 70 famiglie. Da anni il comune di Giugliano (120mila abitanti, la terza città campana pur senza essere capoluogo) dispone di fondi europei: 5mila euro a famiglia, ora saliti a 8mila, per trovare sistemazioni autonome.

Ma chi affitta una casa ai rom? I 450 sono bosniaci ma in Italia da più di trent’anni, moltissimi sono nati nel nostro Paese, hanno la residenza proprio a Giugliano. Avevano i documenti italiani, “ma dopo l’ultimo sgombero non glieli hanno rinnovati”, denuncia don Francesco. Tre anni fa, il 12 gennaio 2021, la Giunta regionale della Campania ha approvato il progetto “A.b.r.a.m.o.” per un percorso di integrazione abitativa, lavorativa e sociale delle popolazioni Rom di Giugliano in Campania. A disposizione 846mila euro. Tra i partner del progetto anche la parrocchia di don Francesco, oltre alla Diocesi. Gli interventi sull'integrazione scolastica sono partiti e ieri Michelle sarebbe andata a scuola col grembiulino e lo zainetto regalati. Ma la questione abitativa rimane ancora irrisolta. E ora si punta sul riutilizzo di case confiscate alla camorra. Intanto i bambini continuano a vivere tra fango e macerie. A vivere e a morire. Da soli.

Dopo la morte della bambina nessuno, tranne don Francesco, è venuto al campo, neanche per un po’ di solidarietà. A piangere solo le famiglie, sedute attorno ai fuochi perché neanche l’elettricità abusiva ora c’è più. Tagliata. “In fondo era solo una piccola rom”, si sfoga il parroco. Eppure la compatrona di Giugliano, la Madonna della Pace, è chiamata “zingarella” per il colore scuro del viso. Zingarella, proprio come Michelle.

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