venerdì 23 giugno 2023
Frizioni con il ministro dell'Economia Giorgetti. Meloni rinvia il Consiglio dei ministrie avvisa gli alleati
La premier Meloni con il ministro dell'Economia Giorgetti

La premier Meloni con il ministro dell'Economia Giorgetti - Ansa

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La tensione nel centrodestra sul Mes risale già dalla mattina. Sono solo le avvisaglie di un’altra giornata torrida per il governo Meloni e la maggioranza che lo sostiene. Segnata da un unicum, un inedito nella storia parlamentare: l’Aventino al contrario, con la maggioranza che, in pieno marasma, assalita dalle incertezze, lascia la scena della commissione Esteri della Camera e fa passare un primo voto sul Mes delle opposizioni. E un secondo inedito: un Consiglio dei ministri di fatto rinviato a sorpresa (si è riunito, senza di lei, solo per opporsi a tre leggi regionali; ora ce ne sarà un altro martedì, pare) per “sopraggiunti motivi personali” non meglio specificati della presidente del Consiglio.

È stata un’altra giornata molto dura per Giorgia Meloni, alle prese anche con la grana del caso Santanchè, con la ministra del Turismo pronta alle querele e il partito che le fa quadrato attorno (secondo qualche ministro, la premier ha avuto modo di parlarle). Ma la vera irritazione resta quella scatenata dal polverone che si è alzato sul Meccanismo europeo di stabilità, il fondo alimentato dagli Stati membri della Ue (l’Italia per 14 miliardi) per far fronte alle crisi bancarie, a cui Meloni ancora di recente ha ribadito la contrarietà sostenendo che usarlo equivale a «uno stigma» sui mercati. Una tensione dovuta però anche ai distinguo e agli scivoloni (come quello dell’altroieri sul dl Lavoro) che si ripetono in Parlamento tra i partiti della maggioranza, a partire dallo “sgarbo” fattole dal Mef guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti che a Montecitorio ha fatto recapitare un parere in cui si dice che la ratifica del Mes presenta alla fine più vantaggi che svantaggi. È una situazione tale da far sbottare la premier, riferisce più di qualcuno, «avanti così e torniamo a contarci al voto». Mentre Pd e M5s continuano a infierire sul governo «allo sbando». Di certo il rinvio del Cdm, improvviso, non contribuisce a rasserenare gli animi. Si racconta che Matteo Salvini non l’abbia presa affatto bene. Ieri doveva essere il Consiglio dei ministri dell’annunciatissima riforma del Codice della strada, che il leader della Lega si è intestato da settimane. Provvedimento che Salvini va comunque in serata a spiegare in Tv.

D’altronde era stata proprio la Lega di mattina a “rettificare” il suo ministro dell’Economia: «La nostra posizione è da sempre molto chiara, il Mes non va ratificato », aveva intimato Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera. Linea ribadita a sera da Salvini stesso: «Non è uno strumento utile al Paese».

Eppure la mossa di Giorgetti e del suo capo gabinetto ha scompaginato tutto. Facendo saltare anche la nomina del commissario per la ricostruzione dopo le alluvioni in Emilia-Romagna (altro tema su cui non è la prima volta che Meloni e Salvini si trovano in disaccordo), che in molti davano in arrivo per ieri assieme al primo ok al disegno di legge quadro con le regole generali per gli interventi dopo le calamità.

La cronaca vede comunque la maggioranza trovare, a fatica e dopo numerosi contatti tra i capigruppo, una posizione unitaria “atipica” sul Mes: nessuno si presenta in commissione dove Pd, Iv-Azione e +Europa si votano da soli (con l’astensione di M5s e Avs), l’adozione del testo base che chiede la ratifica della riforma del Meccanismo europeo. Ma è una giornata anche di spifferi e sussurri: tra le file di Fdi si rincorrono i sospetti sui rischi di sorprese se davvero il 30 giugno, come da calendario, dopo un passaggio in commissione Bilancio si andrà in Aula. Proprio mentre Meloni sarà impegnata con il Consiglio Europeo - di cui parla con Roberta Metsola, presidente dell’Eurocamera, che vede a Palazzo Chigi, insieme a Raffaele Fitto fino attorno alle 17,30, quando doveva partire la riunione del Cdm. A quell’ora, invece, lei se ne va. Da Bruxelles intanto si guarda «con attenzione» al dibattito italiano, fanno sapere intanto fonti europee, dove ci si attende, alla fine, la ratifica.

Una soluzione cui parte della maggioranza sarebbe oramai rassegnata, dice qualcuno. Ma per farlo va costruita prima la giusta “narrazione”. Per questo si sta cercando di guadagnare tempo. Si starebbe ragionando su varie ipotesi, dalla replica dell’assenteismo (che sarebbe clamoroso in aula) a un qualche emendamento (o un ordine del giorno, come aveva proposto Mario Monti) che rassicuri sul fatto che il Mes non sarà mai richiesto dall’Italia, magari ponendo condizioni specifiche come una maggioranza qualificata per l’accesso. Il Pd non mollano la presa: parla di maggioranza «indecente», con la leader Elly Schlein che critica «un governo fantasma che mina la credibilità internazionale dell’Italia» e Misiani e De Luca che affermano che ora l’esecutivo «non ha più alibi». Su questo caos piomba il rinvio del Cdm. Che prima sembra slittare del tutto, poi i ministri sono richiamati in fretta. Della difesa d’ufficio della premier si incarica il ministro Nello Musumeci, fuori da Palazzo Chigi: «Ci teneva ad esserci per varare norme importanti, poi ci ha chiesto la cortesia di rinviare».

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