venerdì 6 ottobre 2023
La premier glissa sulle dimissioni chieste da Salvini ma non prende le distanze dagli attacchi alla giudice che ha aperto crepe nell'ultimo dl-migranti e che nel 2018 contestava il capo leghista
Meloni al Consiglio Ue di Granada

Meloni al Consiglio Ue di Granada - Reuters

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Da Granada, al termine del Consiglio Ue informale, la premier Giorgia Meloni offre una copertura politica, seppur non al 100%, agli attacchi che Matteo Salvini sta muovendo contro la giudice Iolanda Apostolico, che con la sua recente sentenza ha aperto una crepa negli ultimi decreti del governo sui migranti. Apostolico è finita nel mirino del vicepremier leghista per via della sua partecipazione a una manifestazione, nell'estate 2018, che contestava le politiche migratorie dello stesso Salvini (allora ministro dell'Interno) e del governo gialloverde.

Salvini oggi si è spinto sino a chiedere le dimissioni di Apostolico, e Meloni ha commentato: «A prescindere dal tema delle dimissioni, penso che oggettivamente sia legittimo chiedersi se una persona che partecipa a quella manifestazione su quel tema, quando poi deve decidere su quello stesso tema lo faccia senza pregiudizi o con un pregiudizio. L'ho detto prima che si parlasse di quella manifestazione perché trovo che le motivazioni della sentenza (la premier si riferisce alla sentenza che ha 'liberato' dal centro di Pozzallo quattro tunisini) siano discutibili». La premier poi ricorda di nuovo che l'ultimo decreto migranti - che la sentenza di Apostolico definisce in contrasto con le normative europee e con dubbi di costituzionalità - è stato «controfirmato dal capo dello Stato».

Meloni poi difende Salvini dall'accusa di dossieraggio, mossa al vicepremier per il ripescaggio di un video di cinque anni fa: «Mi pare una polemica secondaria (quella sul dossieraggio, ndr). Tu partecipi a una manifestazione pubblica, lo rivendichi, il dossieraggio di solito è un'attività occulta per tirare fuori cose che non si sanno. Lei era lì col suo volto, in prima fila, dietro uno striscione...».

Insomma, la premier sposa la campagna politica di Salvini, evitando però di aprire un nuovo scontro con la magistratura invocando, come fa il capo della Lega, le dimissioni di Apostolico.

SECONDO NOI

Tattiche note e note stonate

La tattica utilizzata da Matteo Salvini in queste ore è piuttosto nota: per contestare una sentenza si attacca il giudice che l’ha emessa. Eppure la nostra Costituzione stabilisce che contro le sentenze «è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge». Insomma, la decisione del giudice di Catania può essere impugnata, se si ritiene che infranga le norme vigenti. Tirare fuori, invece, un filmato di 5 anni fa in cui lo stesso magistrato partecipa a una manifestazione di protesta contro le politiche migratorie dell’allora ministro dell’Interno, che era lo stesso Salvini, è un atto muscolare e non istituzionale. Soprattutto se dovesse rivelarsi fondato il sospetto delle opposizioni, ovvero che quel filmato fu girato dalle Forze dell’ordine. Sarebbe grave che un video realizzato per ragioni di servizio (la Polizia esclude che sia «tra gli atti d’ufficio», ma la circostanza non attenua la gravità, semmai l’accresce) sia saltato fuori anni dopo e sia finito proprio nelle mani del ministro di allora. Questo a prescindere dal fatto che i magistrati, tutti, dovrebbero sempre apparire imparziali anche nei loro comportamenti pubblici, oltre che esserlo nei tribunali.

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