
Ansa
Fintanto che l'Iran sarà una minaccia, Israele può muoversi per garantire la sua sicurezza. Tanto più che il negoziato sul nucleare non ha prodotto i risultati sperati e una Repubblica islamica dotata dell'atomica mette a rischio non solo lo Stato ebraico, ma l'intero Occidente. Dal G7 in Canada Giorgia Meloni traccia la linea italiana sulla crisi in Medio Oriente, marcatamente improntata al realismo, nonostante le spinte francesi per una soluzione che escluda l'impiego della forza militare. «Ho sempre pensato che lo scenario migliore fosse quello di un popolo oppresso che riesce a rovesciare il regime», ragiona la premier, ma poiché «bisogna fare il pane con la farina che si ha», ciò che conta «è impedire che l'Iran diventi una potenza nucleare».
Questo non significa che tutte le opzioni avanzate da Donald Trump per risolvere il conflitto siano praticabili e Putin, almeno a giudizio di Roma, non è il soggetto adatto a fare da mediatore tra Israele e l'Iran: «Non mi pare ci fosse grande disponibilità da parte di nessuno. Francamente, affidare a una nazione in guerra la mediazione su un'altra guerra non mi sembrerebbe proprio l'opzione migliore da prendere in considerazione».
Detto questo, la speranza di Meloni è che l'offensiva di Israele favorisca un cambio di passo e convinca il regime degli ayatollah a sedersi di nuovo al tavolo dei negoziati, evitando che una resistenza a oltranza trascini la regione nel caos. Il tutto, se possibile, provando a centrare l'obiettivo di un cessate il fuoco a Gaza con Roma protagonista.
La possibilità di un'escalation, tuttavia, resta concreta, così come quella di un intervento diretto degli Stati Uniti. A quel punto l'Italia farà tutte le considerazioni del caso, ma al momento la premier non se la sente di dire fin da ora che le basi italiane saranno a disposizione dell'esercito americano: «Non è una risposta che posso dare adesso: quando accadrà, ovviamente convocheremo le persone che dobbiamo convocare e prenderemo le nostre decisioni, non è una decisione che si prende così».
Rispetto all’Ucraina, continua Meloni, conforta sapere «che siamo tutti quanti d'accordo nel sostenere gli sforzi degli Stati Uniti e del presidente Trump verso una pace giusta e duratura», ma nel frattempo non si può non prendere atto che «ogni volta che si cerca di fare qualche passo in avanti, la Russia provoca con attacchi sulla popolazione civile». La strategia, dunque, non cambia: «Le cose da fare sono due: da una parte continuare a sostenere l'Ucraina, dall'altra esercitare pressione sulla Russia, particolarmente con le sanzioni».
Resta il nodo dei dazi Usa-Ue. Il 9 luglio, data in cui scatteranno le tariffe americane sulle merci europee, si avvicina inesorabilmente ma Meloni sembra piuttosto ottimista, confida che «una soluzione si troverà» e pone il tema come complementare a quello dell’aumento delle spese militari «Sono due facce della stessa medaglia». Quindi è possibile che qualche indicazione in più arrivi anche dal vertice Nato a L'Aja del 24 e 25 giugno.