
Meloni giovedì 12 giugno 2025 aspetta Rutte a Palazzo Chigi - Fotogramma
Consapevole che l’agenda concordata dagli sherpa è stata completamente stravolta dal conflitto Israele-Iran, Giorgia Meloni è arrivata stanotte in Canada per un G7 che le consegnerà, ancora una volta, un duplice ruolo: leader europea di riferimento per Donald Trump, ma allo stesso tempo e per lo stesso motivo incaricata di calmierare il più possibile la posizione di Washington.
Insomma, come accade su Russia e Ucraina, la premier deve assecondare l’indirizzo del presidente americano ma evitando che crei sbilanciamenti ingestibili per la diplomazia europea. Nel caso specifico, la premura di Meloni, dei suoi consiglieri diplomatici e della Farnesina è che, una volta riconosciute le ragioni di Israele, non si ecceda in un “tifo” che renderebbe difficile se non impossibile la de-escalation.
Un ruolo scomodo, perché la parte della “linea” italiana che prevede il sostegno a Trump è visibile e criticata (dalle opposizioni), la parte che invece tende verso un riequilibrio deve essere giocoforza silenziosa e discreta.
Il G7 inizierà oggi e terminerà martedì, e si terrà a Kananaskis, tra le Montagne Rocciose e i numerosi laghi della provincia di Alberta. La premier ci arriva con una certa pre-intesa sulla posizione da sostenere, fissata con la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, i primi con cui Meloni ha avuto colloqui venerdì. In Canada la premier porterà anche gli esiti dei contatti diplomatici di Tajani e della Farnesina con il governo iraniano, nonché i colloqui avuti venerdì notte con i principali leader mediorientali - che l’Italia vuole al centro dei dialoghi per impedire l’escalation - e con lo stesso Netanyahu. Il governo italiano continuerà a sostenere l’azione dell’Oman sul negoziato Washington-Teheran inerente il nucleare, alla luce anche della tappa a Roma che aveva acceso discrete aspettative.
Prima di imbarcarsi, la delegazione italiana sembrava già rassegnata all’idea che nel G7 canadese non ci sia spazio sufficiente per l’Ucraina, nonostante un momento appositamente dedicato alla presenza del segretario generale della Nato, Mark Rutte. Realisticamente, anche le sette sessioni di lavoro previste ne usciranno depotenziate. Meloni, indicata come speaker della terza sessione “Comunità sicure”, puntava soprattutto sul tavolo inerente migrazioni e lotta ai trafficanti di uomini: ne uscirà un documento comune che però non avrà lo stesso risalto degli scambi che i leader avranno su Israele e Iran. Tra gli altri temi principali fissati prima degli attacchi israeliani e della reazione iraniana, anche finanziamento dello sviluppo, intelligenza artificiale, tecnologie quantistiche, lotta agli incendi e minerali critici. Tra i dossier anche quello dei dazi, ma non sono preventivabili concreti passi avanti verso la distensione commerciale.
Come detto, è probabile che bilaterali e scambi faccia a faccia abbiano più peso del flusso dei lavori. L’Italia come presidente di turno 2024, il Canada come padrone di casa e la Francia come prossimo Paese-leader saranno chiamate a uno specifico coordinamento per evitare che il vertice deragli del tutto. Roma e Ottawa hanno lanciato diversi segnali comuni negli ultimi mesi. La diplomazia italiana è convinta che proprio Meloni e il primo ministro canadese Mark Carney giochino la stessa partita, per diversi motivi: valorizzare e allo stesso tempo contemperare il ruolo di Trump. Diverso è lo stato dei rapporti Roma-Parigi, nonostante la recente visita di Macron a Palazzo Chigi. Anche venerdì, poche ore dopo l’attacco israeliano, Macron ha anticipato la sua linea rispetto a tutti gli altri leader europei. Il primo coordinamento europeo, poi, è stato tra Francia, Germania e Gran Bretagna, senza Italia. Tra i laghi canadesi i Paesi europei dovranno provare a raccordarsi se vorranno evitare che sia il solo Trump a fare il bello e il cattivo tempo. Ma agli ultimi vertici internazionali la logica della “gara” ha prevalso su quella della cooperazione.